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Histoires du sport automobile

TARGA FLORIO E LE CORSE SICILIANE


Invité §sho727jx
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Invité §bep134Bm

 

UN'ALTRA STORIA DEL "GENIO ITALICO": LA TRASFORMAZIONE DELL' "INVENDUTO DI MAGAZZINO" IN UN GIOIELLO IN GRADO DI SCONFIGGERE LA PORSCHE IN GERMANIA !!!

ECCO PERCHE' NON MI RASSEGNO A QUESTA ITALIA FATTA DI CONFORMISMO, CONFORMITA' E DI LUOGHI COMUNI.

IN QUELL'ITALIA DEGLI ANNI 50 LA FANTASIA ED IL BUON GUSTO ERANO AL POTERE: CHIUDEVA UNA LINEA DI PRODUZIONE DI SERIE PERCHE' NON ASSICURAVA ABBASTANZA GUADAGNI, ED ECCO APPARIRE LA "SIATA 208" SPORT DI BERTONE, LA "SUPERSONIC" DI GHIA DISEGNATA DA SAVONUZZI, LA "DEMON ROUGE" DI VIGNALE.... LA "8V DI ZAGATO"

UN MONDO STUPENDO, SEMPLICEMENTE STUPENDO

ALLORA TUTTI, PROPRIO TUTTI ..... AMERICANI, INGLESI, FRANCESI, TEDESCHI, GIAPPONESI ... A BOCCA APERTA DAVANTI A QUEI CAPOLAVORI DELLA PICCOLA GRANDE ITALIA.

 

 

 

 

.... E QUANDO LA FANTASIA SI FA MACCHINA A NAPOLI, IL RISULTATO SORPRENDE TUTTI

http://www.automania.it/motori/GP-Bari2015/486/Monaci-bimotore-8c-pilota-raffaele-barletta-notturna.jpg

 

 

Monaci C bimotore.jpg

 

 

Storia dell'auto

Questa vettura da corsa estremamente rara costruita a Napoli e il nome deriva dal suo progettista e costruttore. Composta dal famoso costruttore di automobili Zagato e debuttò nel Gran Premio di F1 di Monza nel 1952, ha partecipato a diverse corse su strada come la Mille Miglia .

L'idea di Ciro Monaci ..

Alla fine degli anni Quaranta Ciro Monaci costruì un'auto da corsa usando un sistema di sua invenzione, per accoppiare due motori Fiat 1100 S di derivazione in modo che, pur mantenendo una certa economia di utilizzo, aumentasse la potenza . Questa sua auto, guidata da diversi piloti, tra cui lo stesso Ciro Monaci, John Rocco, Giuseppe Ruggiero, prese parte a diverse competizioni con risultati soddisfacenti al punto da convincere il costruttore a brevettare il sistema di aggancio del motore e inseguire il sogno di vedere una delle sue creature correre in pista con auto e piloti famosi.

La progettazione e l'implementazione

Studia a fondo la macchina in suo possesso, anche chiedendo al tabellone a cui i famosi piloti hanno provato, un aiuto e un incoraggiamento molto importanti gli sono venuti da Luigi Fagioli, ha iniziato a costruire l'unica macchina che è arrivata ai nostri giorni: la prima macchina, infatti, è stato distrutto in un incidente in gara. Ciro Monaci si avvantaggia dei migliori produttori italiani per la costruzione delle parti più importanti della sua auto, così il telaio e la culla che supporta i due motori, in particolare rispetto a questa innovativa "macchina da laboratorio", furono commissionati a " GILCO " che produceva telai anche per il motore Ferrari era responsabile degli alberi dell'azienda "Violino", riconosciuta come un'autorità nel tuo campo, la carrozzeria progettata e costruita da " ZAGATO ", così anche le valvole, le ruote e molti altri dettagli, al fine di far fronte all'enorme spesa, Ciro Monaci, aiutato da suo fratello Renato, concessionario Isotta Fraschini, brevettò e vendette un convertitore di coppia per motori marini a" Chrisler ", ma Finì infine nel maggio del 1952 la costruzione della vettura in tempo per partecipare al "V Grand Prix Autodromo" di Monza.

Le prestazioni dell'auto, guidate da John Rocco, furono abbastanza soddisfacenti, considerando che tra gli antipasti c'erano, tra gli altri, artisti del calibro di Fangio, Villoresi, Ascari e Gonzales che indossarono il debutto della Ferrari 500 che gli permise di vincere il campionato nel 1952 e nel 1953, il primo per la casa di Maranello . La velocità, misurata appena al di fuori della curva parabolica, era di poco superiore ai 200 chilometri all'ora, circa la stessa della Ferrari e della Maserati.In gara l'auto fu costretta a ritirarsi per un problema tecnico. Dopo la gara, il a Zagato fu portata la macchina che montava parafanghi e luci per conformarsi alle normative vigenti nelle corse su strada. Con varie fortune parteciparono al "Circuito di Posillipo", la "Cetara, Capo d'Orso", "gli Atrani", "Ravello" e altri eventi minori, condotti da Giuseppe

Ruggiero e dallo stesso Ciro Monaci.Monaci bimotore 1.jpg

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Invité §bep134Bm

 

.... E QUANDO LA FANTASIA SI FA MACCHINA A NAPOLI, IL RISULTATO SORPRENDE TUTTI

 

 

http://www.automania.it/motori/GP-Bari2015/486/Monaci-bimotore-8c-pilota-raffaele-barletta-notturna.jpg

 

 

 

Storia dell'auto

Questa vettura da corsa estremamente rara costruita a Napoli e il nome deriva dal suo progettista e costruttore. Composta dal famoso costruttore di automobili Zagato e debuttò nel Gran Premio di F1 di Monza nel 1952, ha partecipato a diverse corse su strada come la Mille Miglia .

L'idea di Ciro Monaci ..

Alla fine degli anni Quaranta Ciro Monaci costruì un'auto da corsa usando un sistema di sua invenzione, per accoppiare due motori Fiat 1100 S di derivazione in modo che, pur mantenendo una certa economia di utilizzo, aumentasse la potenza . Questa sua auto, guidata da diversi piloti, tra cui lo stesso Ciro Monaci, John Rocco, Giuseppe Ruggiero, prese parte a diverse competizioni con risultati soddisfacenti al punto da convincere il costruttore a brevettare il sistema di aggancio del motore e inseguire il sogno di vedere una delle sue creature correre in pista con auto e piloti famosi.

La progettazione e l'implementazione

Studia a fondo la macchina in suo possesso, anche chiedendo al tabellone a cui i famosi piloti hanno provato, un aiuto e un incoraggiamento molto importanti gli sono venuti da Luigi Fagioli, ha iniziato a costruire l'unica macchina che è arrivata ai nostri giorni: la prima macchina, infatti, è stato distrutto in un incidente in gara. Ciro Monaci si avvantaggia dei migliori produttori italiani per la costruzione delle parti più importanti della sua auto, così il telaio e la culla che supporta i due motori, in particolare rispetto a questa innovativa "macchina da laboratorio", furono commissionati a " GILCO " che produceva telai anche per il motore Ferrari era responsabile degli alberi dell'azienda "Violino", riconosciuta come un'autorità nel tuo campo, la carrozzeria progettata e costruita da " ZAGATO ", così anche le valvole, le ruote e molti altri dettagli, al fine di far fronte all'enorme spesa, Ciro Monaci, aiutato da suo fratello Renato, concessionario Isotta Fraschini, brevettò e vendette un convertitore di coppia per motori marini a" Chrisler ", ma Finì infine nel maggio del 1952 la costruzione della vettura in tempo per partecipare al "V Grand Prix Autodromo" di Monza.

Le prestazioni dell'auto, guidate da John Rocco, furono abbastanza soddisfacenti, considerando che tra gli antipasti c'erano, tra gli altri, artisti del calibro di Fangio, Villoresi, Ascari e Gonzales che indossarono il debutto della Ferrari 500 che gli permise di vincere il campionato nel 1952 e nel 1953, il primo per la casa di Maranello . La velocità, misurata appena al di fuori della curva parabolica, era di poco superiore ai 200 chilometri all'ora, circa la stessa della Ferrari e della Maserati.In gara l'auto fu costretta a ritirarsi per un problema tecnico. Dopo la gara, il a Zagato fu portata la macchina che montava parafanghi e luci per conformarsi alle normative vigenti nelle corse su strada. Con varie fortune parteciparono al "Circuito di Posillipo", la "Cetara, Capo d'Orso", "gli Atrani", "Ravello" e altri eventi minori, condotti da Giuseppe Ruggiero e dallo stesso Ciro Monaci.

 

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Invité §sho727jx

"Sancho" e "Zorba"... chi erano costoro ? Entrambi Scuderia Aretusa; entrambi alla Targa del '68 e '69.

Il primo corrisponderebbe a Giovanni Carpinteri, il secondo...boh ? mistero fitto. Di certo quel Zorba non era greco...

 

A quei tempi gli stravaganti pseudonimi si sprecavano, talvolta il pilota celato perfino lo cambiava da una corsa all'altra.

I privati che tentavano l'avventura alla corsa più antica del mondo e per di più casalinga erano una schiera consistente; e si arrangiavano con i mezzi economici a disposizione e le risorse private pur di poter poi raccontare "c'ero anch'io".

 

Alla Targa Florio del '69 la coppia mise a repentaglio della dura competizione una bella Fiat Dino spider 2000

 

 

1969 fiat dino sancho-zorba 2.jpg

TARGA FLORIO 1969 - "Sancho"-"Zorba" su Fiat Dino spider

La passione ed i sacrifici vennero premiati con la conclusione di otto giri e classificati al 29° posto assoluto.

 

Come mia consuetudine ho voluto riprodurre tale vettura in scala 1/43 partendo da una base da collana De Agostini giacente chissà da quanto in un cassetto.

 

 

FIAT-DINO-SPIDER-24-1969-.jpg

La base era di colore rosso e senza la capote chiusa. Smontata, sverniciata, eliminati i paraurti, aggiunto rollbar e costruita la capote e riverniciata di bianco, è stata trasformata nel modello in miniatura di quello visto alla Targa.

 

 

dino fiat 002.jpg

 

 

dino fiat 005.jpg

 

 

dino fiat 004.jpg

 

 

dino fiat 003.jpg

 

 

dino fiat 007.jpg

 

:jap: :jap:

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Invité §bep134Bm

"Sancho" e "Zorba"... chi erano costoro ? Entrambi Scuderia Aretusa; entrambi alla Targa del '68 e '69.

Il primo corrisponderebbe a Giovanni Carpinteri, il secondo...boh ? mistero fitto. Di certo quel Zorba non era greco...

 

A quei tempi gli stravaganti pseudonimi si sprecavano, talvolta il pilota celato perfino lo cambiava da una corsa all'altra.

I privati che tentavano l'avventura alla corsa più antica del mondo e per di più casalinga erano una schiera consistente; e si arrangiavano con i mezzi economici a disposizione e le risorse private pur di poter poi raccontare "c'ero anch'io".

 

Alla Targa Florio del '69 la coppia mise a repentaglio della dura competizione una bella Fiat Dino spider 2000

 

:jap: :jap:

 

 

AMERICANO ???

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Invité §bep134Bm

 

.... NAPOLI........

 

 

 

 

C'ERA UNA NAPOLI CHE AMAVA LA TARGA

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Mennato Boffa

La storia dell’automobilismo è ricca di tantissime figure appartenenti al secolo scorso che sono purtroppo state dimenticate dai più, e molte tra queste sono proprio di nazionalità italiana, per cui ci sembra giusto rendere un dovuto omaggio ad un pilota, Mennato Boffa, che tra gli anni ’50 e gli anni ’70 ha partecipato a numerose gare e gran premi, risultando vincitore in diverse categorie.

Il suo debutto avvenne nella cronoscalata automobilistica Catania-Etna del 1953, a bordo di una Fiat 1100 R sulla quale fece registrare il miglior tempo della classe. Successive esperienze lo videro al volante di una Lancia Aurelia B20, con la quale partecipò tra l’altro all’ormai dimenticato Gran Premio di Posillipo nel 1955, ottenendo il miglior tempo in gara ed alla Targa Florio dove ha tagliato il traguardo in condizioni incredibili.

 

Simili prestazioni gli valsero la convocazione da parte di un vero colosso sportivo degli anni ’50, quella Maserati che gli affidò la guida di una 1500 Sport con la quale vinse ben 28 gare tra il 1956 ed il 1957. Va ricordato che stiamo parlando di un’epoca quasi pionieristica per l’automobilismo, in cui oltre a correre per passione i piloti avevano spesso altre attività professionali parallele: il caso di Boffa è emblematico del suo coinvolgimento nel mondo delle corse e dei motori in genere, dal momento che gestiva insieme al fratello l’azienda di vendita al dettaglio di accessori auto che ancora oggi è in attività.

Tornando alle sue prestazioni, è impossibile non citare la sua seppur breve esperienza come pilota ufficiale in Ferrari: prese parte al Giro di Sardegna ed al Gran Premio di Napoli del 1957 a bordo guidando una mitica Testarossa 2000 CC; in quest’ultimo avrebbe anche trionfato successivamente, nel 1960, a bordo di Maserati.

 

TARGA FLORIO BOFFA TODARO.jpg

Importanti vittorie giunsero tra gli anni 1960 e 1964, con i trionfi nel Campionato Italiano Sport, ma forse il momento di maggiore prestigio fu la partecipazione a 3 gare di Formula 1 nel 1961, anche se non valide ai fini della classifica, al volante della Cooper Climax con cui Jack Brabham aveva in precedenza conquistato il titolo mondiale.

 

BOFFA F 1.jpg

Mennato Boffa fu poi costretto a dedicarsi a tempo pieno alla sua attività di vendita al dettaglio di auto ricambi, anche se il richiamo della pista si manteneva forte, e sul finire degli anni ’70 il pilota campano si cimentò in gare in salita e su circuito, condite da numerose vittorie, a bordo di una Fiat ritmo 1150.

Boffa è morto a Napoli nel 1996, ma il suo nome, specie nel capoluogo campano, è ancora oggi sinonimo di autoricambi: l’attività che ne porta ancora oggi il nome è stata portata avanti dagli eredi, i quali non hanno voluto interrompere una tradizione nel settore che dura da quasi 100 anni.

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Invité §tri338xF

Bravo Beppe.

Mennato Boffa, un altro protagonista della Targa Florio.

Meno male che ci sei.....

ATF Boffa-Todaro 1961.jpg

logo.png

 

 

 

Mennato-Boffa.jpg

 

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Invité §bep134Bm

 

 

SPIEGARE AD UN GIOVANE COS'ERA LA TARGA FLORIO E' PRATICAMENTE IMPOSSIBILE: LA TELEVISIONE, L'INCAPACITA' DI SOGNARE E LA MEDIOCRITA' DI CHI E' AL POTERE HANNO TOLTO QUALSIASI SAPORE ALLA VITA.

"On était jeunes, On était fous" (Siamo stati giovani, siamo stati pazzi... ma eravamo felici)

MI DISPIACE PER CHI OGGI E' GIOVANE E NON AVRA' QUEL SOGNO CHE NOI ABBIAMO VISSUTO.

E' LA LEGGE DELLA VITA, NON POSSIAMO FARCI NIENTE.

 

 

 

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TRASCRIVO IL TESTO IN FRANCESE DI UNA STUPENDA CANZONE CANTATA DA CHARLES AZNAVOUR PERCHE' QUESTA CANZONE SI AVVICINA MOLTISSIMO A QUELLO CHE PROVO OGGI OGNI VOLTA CHE PENSO A QUANDO SI CORREVA PER PASSIONE E NON PER DENARO.

IL TESTO E' VOLUTAMENTE PRIVO DI TRADUZIONE PERCHE' QUESTA NON RIESCE A DARE UN SENSO COMPIUTO AI VERSI

 

-------

[h1]Paroles de[/h1][h1]La Bohême[/h1]

 

[h1]charles-aznavour-1005.jpgCharles Aznavour[/h1]Je vous parle d'un temps

Que les moins de vingt ans

Ne peuvent pas connaître

Montmartre en ce temps là

Accrochait ses lilas

Jusque sous nos fenêtres

Et si l'humble garni

Qui nous servait de lit

Ne payait pas de mine

C'est là qu'on s'est connu

Moi qui criait famine et toi

Qui posait nue

 

La Bohème, la Bohème

Ça voulait dire, on est heureux

La Bohème, la Bohème

Nous ne mangions

Qu'un jour sur deux.

 

Dans les cafés voisins

Nous étions quelques uns

Qui attendions la gloire

Et bien que miséreux

Avec le ventre creux

Nous ne cessions d'y croire

Et quand quelques bistrots

Contre un bon repas chaud

Nous prenaient une toile

On récitait des vers

Grouppés autour du poêle

En oubliant l'hiver.

 

La Bohème, la Bohème

Ça voulait dire

Tu es jolie

La Bohème, la Bohème

Et nous avions tous du génie.

 

Souvent il m'arrivait

Devant mon chevalet

De passer des nuits blanches

Retouchant le dessin

De la ligne d'un sein

Du galbe d'une hanche

Et ce n'est qu'au matin

Qu'on s'asseyait enfin

Devant un café crème

Épuisés, mais ravis

Faut-il bien que l'on s'aime

Et que l'on aime la vie.

 

La Bohème, la Bohème

Ça voulait dire, on a vingt ans

La Bohème, la Bohème

Et nous vivions de l'air du temps.

 

Quant au hasard des jours

Je m'en vais faire un tour

À mon ancienne adresse

Je ne reconnais plus

Ni les murs, ni les rues

Qu'y ont vus ma jeunesse

En haut d'un escalier

Je cherche l'atelier dont plus rien ne subsiste

Dans son nouveau décor

Momtmartre semble triste

Et les lilas sont morts.

 

La Bohème, la Bohème

On était jeunes

On était fous

La Bohème, la Bohème

Ça ne veut plus rien dire du tout.</div>

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Invité §tri338xF

Caltanissetta 28 settembre 2019

Domani ultimo giorno mostra fotografica e di cimeli storici su Antonio Pucci

"Il Gattopardo Volante"

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invito Mostra Pucci.jpg

Audirorio Pucci 2.jpg

Auditorio Pucci.jpg

Pucci convegno 5.jpg

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Palazzina Pucci 1924.jpg

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Manuli quadro pucci CL  .jpg

Stampa Pucci.jpg

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Invité §bep134Bm

MI DISPIACE PER CHI OGGI E' GIOVANE E NON AVRA' QUEI SOGNI CHE NOI ABBIAMO VISSUTO.

 

 

 

 

Ti trovi quì: Home // Corse di Sicilia // CORSE DI SICILIA-La Nicolosi Etna-Breve storia della cronoscalata alle falde dell’Etna[h3]CORSE DI SICILIA-La Nicolosi Etna-[/h3][h3]Breve storia della cronoscalata alle falde dell’Etna[/h3]

Inviato da latargaflorio on nov 26, 2013 | Lascia un tuo commento

 

I Ricordi nei magici tornanti della Nicolosi –Etna

Ripercorriamo la storia di questa avvincente gara alle falde del vulcano :La Nicolosi-Etna” è stata una delle corsa in salita molto antica , che ha visto sfrecciare vetture e piloti di primissimo piano. Una vittoria conseguita alle falde del vulcano, poteva considerarsi un trionfo da mettere in bacheca, considerato l’alto grado di impegno e la concorrenza di grandi piloti.

Gli ottant’anni festeggiati ultimamente e le più di quaranta edizioni disputate , hanno caratterizzato la sua gloriosa tradizione .E’ molto difficile trovare negli annali di altre manifestazioni su strada , il nome del primo vincitore , ma dopo varie ricerche è stato appurato che il primo vincitore di questa corsa prestigiosa corsa in salita , fu Salvatore Ignoto su una vettura che prendeva il nome di :”Ceirano”, sconosciuta ai più.

La corsa Catanese fu organizzata per la prima volta l’8 giugno del 1924, dall’Unione Sportiva Catanese. Il percorso era il seguente: si partiva da Piazza Duomo e si passava attraverso il quartiere di Barriera attraversando S.Agali Battiati, S.Giovanni la Punta , Viagrande e Fleri fino a Zafferana Etnea per un totale di 24 Kilometri con un dislivello di 587 mt. La prima edizione ebbe un numero di partecipanti per quel tempo, notevole. Fra i partenti vi erano sedici concorrenti molto agguerriti , ma la vittoria andò come detto a Salvatore Ignoto su Ceirano., costruita nel lontano 1898 da Giovanni Battista Ceirano, costruttore di biciclette.

La vettura battezzata Welleyes di 663 cmc due marce avanti, con trasmissione a cinghia, raggiungeva una velocità di 40 Km. orari .Fra i piloti che componevano la squadra Ceirano, vi erano Vincenzo Lancia e il mitico Felice Nazzaro.Per sopravvenuti problemi di natura logistica , per un certo periodo la corsa non si disputò. Si riprese nel 1931 e in questa edizione il successo andò ad Alfio Parlato , su una Alfa Romeo 1750, che sbaragliò la concorrenza. Nel 1939 si disputò la terza edizione nella quale vinse il Marchese Lotario Rangoni Macchiavelli di Modena., pilota solido, nobile e molto ricco.

Enzo Ferrari nel 1940 gli affidò una delle sue vetture 815 ufficiali (la prima vettura con il marchio del cavallino rampante) alla Mille Miglia , l’altra vettura era per Alberto Ascari .Lotario Rangoni Macchiavelli , mori in guerra abbattuto da un aereo nemico. Proprio in questa edizione il percorso che transitava per Nicolosi ,si concludeva presso la casa cantoniera , alle falde dell’Etna.La guerra purtroppo frenerà questa attività sportiva e soprattutto farà franare parecchi patrimoni a danno di altri.

Si riprende a correre con i pochi mezzi a disposizione nel 1947, la voglia dei Catanesi e degli abitanti dei paesi limitrofi, Nicolosi compresa , era tanta, lo si vedeva dagli spettatori presenti nel percorso.

Vinse quell’edizione Giovanni Rocco a bordo di una Alfa Romeo 2.3 coprendo i trentatre kilometri del percorso , parecchio sterrato e con il bitume che non aveva fatto il suo ingresso sulle strade.

Nel 1948 l’Edizione della Nicolosi-Etna fu vinta da Luigi Bellucci a bordo di una Lancia 1.5 coprendo lo stesso percorso.

Nel 1950 l’Italia cominciava a dare i piccoli segni di ripresa , anche se il cammino sarebbe stato molto lungo. In quell’epoca data la concomitanza della prestigiosa Targa Florio , venivano a disputare la corsa in salita nel Catanese parecchi drivers di grande livello tecnico. Proprio uno di questi, Giovanni Bracco, vincitore di una Mille Miglia, si volle cimentare nella corsa Nicolosi-Etna , a bordo di una Ferrari .Bracco non trovò ostacoli di nessun tipo , sbaraglio il campo alla grande e vinse l’edizione 1950 senza ostacoli di sorta.

Le edizioni della popolare corsa in salita 1951 e 1952 ,vide trionfare sulle polverose strade che conducevano sul vulcano passando da Nicolosi, Piero Scotti a bordo di una Ferrari 4100, che entusiasmò non poco i tanti presenti lungo il percorso.

Nel 1953 trionfò il grande Eugenio Castellotti che si affermerà su un percorso di 33 Kilometri in 19’13”3, a bordo di una Lancia 3000 , in seguito il pilota si aggiudicherà una edizione della Targa Florio a Palermo con una Ferrari ufficiale.

Nel 1954 un altro mitico personaggio percorre le strade dell’Etna : Piero Taruffi , il quale a bordo di una Lancia 3000 compie delle mirabile lungo il percorso , stabilendo parecchi record.

Nel 1955 è la volta di Maria Teresa De Filippis una delle prime donne al volante di una vettura da competizione, che iscrive il suo nome nell’albo delle vittorie della celebre corsa in salita a bordo di una Maserati.

Nel 1959 un altro pilota di valore mondiale, Ninni Vaccarella , si aggiudica a bordo di una Cooper Maserati l’edizione della corsa Nicolosi-Etna. La vettura adottava per quell’epoca delle innovazioni tecniche di grande pregio: la trazione posteriore e i freni a disco anteriori.La vettura sale i tornanti fino a Nicolosi a tempo di record, frantumando quelli stabiliti nell’anno precedente da Piero Taruffi.

Proprio quell’anno Vaccarella viene segnalato a Enzo Ferrari che lo utilizzerà per parecchi anni a bordo delle mitiche Ferrari, dove conseguirà molte vittorie.

Si riprende nel 1961 con le vittorie di Mennato –Boffa a bordo di una Maserati che ottiene una ottima vittoria , dando prova di grande tecnica, lo vedremo duettare in seguito con Starrabba di Giardinelli, nella categoria Sport.

Nel 1962 iscrive il suo nome alla “Nicolosa –Etna” , Edoardo Govoni , che migliorò di due secondi il record del percorso .

Nel 1964 si riprende a correre ed è la volta di Enrico Lualdi che si aggiudicherà la corsa a bordo di una Ferrari.

Nel 1969 per motivi di sicurezza la partenza della corsa venne spostata a Nicolosi sulla distanza di 18 kilometri e assunse il nome di :”corsa dell’Etna”.

Dal 1973 al 1979 la corsa in salita, per motivi di sicurezza venne spostata sul circuito di Pergusa , in quanto la Commissione di vigilanza non concesse l’autorizzazione alla manifestazione.

Nel 1980 Italo Cultrera , Presidente della Scuderia Etna , in collaborazione con la Catania Corse e la Puntese Corse , riuscì dopo non poche difficoltà a riportare la gara nel suo ambiente naturale .

Si partiva da Piano Bottara su una distanza di 10 kilometri e 200 metri.

L’edizione del 1981 , definita da tutti gli addetti ai lavori ,la più interessante , vide la vittoria di Enrico Grimaldi su una Osella PA9 .Grimaldi diventerà il capofila di una serie di vittorie negli anni a seguire.

Dopo alcune vicissitudini per il percorso dovute all’eruzione dell’Etna e l’esasperante lentezza per la ricostruzione del percorso che vanificano gli sforzi degli organizzatori, la corsa subisce uno stop per ben tredici anni. Nel 1992 grazie agli sforzi dell’allora Presidente della Provincia Regionale , Nello Musumeci si riapre il percorso con una variante: la corsa in salita si disputa su un percorso di cinque kilometri, partendo da Nicolosi fino al bivio S.Leo. Quell’anno data la fame di automobilismo dopo la lunga stasi , è un successo di pubblico mai visto .Si registra inoltre quell’anno la presenza sul percorso di cinquantamila spettatori, un record mai visto.

Dall’Aprile 2003 il percorso verrà allungato da cinque a dieci kilometri, modificando le restrizioni del parco dell’Etna , per cui la gara potrà avere il suo epilogo fino a Piano Bottara.

Qualche anno fa la corsa riprese il percorso tradizionale , tornando alla vecchia denominazione: Catania-Etna, con Nicolosi al centro del percorso.

Poi la gara continuò grazie agli sforzi della Provincia, l’Aci e il Comune di Nicolosi, che detiene da tempo una grande tradizione motoristica , grazie anche all’avvento da un paio d’anni di una prestigiosa Scuderia denominata :”Targa Florio” grazie al suo Presidente Michele Miano, il quale ha portato in scuderia piloti del calibro di Mimmo Schiattarella pilota nel giro Ferrari oltre che pilota di livello internazionale, Francesco la Mazza, pilota di vetture Gran Turismo, oltre ai vari Andrea Sellani e a tanti altri piloti emergenti del comprensorio catanese e di Nicolosi in particolare.L’entusiasmo è stato a mille cosa che si notava nelle inaugurazioni degli anni sociali della Scuderia. Dopo l’incidente mortale che purtroppo coinvolse qualche anno fa uno spettatore, la gara non ha avuto più un seguito.

La crisi che ha coinvolto i Comuni e la riforma della Provincia Regionale oltre a quella mondiale che coinvolge il mondo del lavoro e le attività, hanno dato un colpo a uno spettacolo che ogni estate coinvolgeva migliaia e migliaia di sportivi.

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Invité §bep134Bm

MI DISPIACE PER CHI OGGI E' GIOVANE E NON AVRA' QUEL SOGNO CHE NOI ABBIAMO VISSUTO.

 

 

 

100 ANNI DEL GIORNALE L'ORA DI PALERMO

..... E GUARDA UN PO' DA CHI E' STATO FONDATO E QUANDO E' USCITO PER LA PRIMA TARGA FLORIO

 

FUMMO DAVVERO I LEONI ED I GATTOPARDI !

 

Lora.jpg

[h3]Le origini[/h3]

220px-L%27Ora_del_6_maggio_1906.jpg

Prima pagina de L'Ora del 6 maggio 1906 con la cronaca della Targa Florio

La famiglia Florio, attiva sin dalla metà del XIX secolo nella produzione e nel commercio di vini siciliani, finanziò la pubblicazione di un giornale quotidiano con sede a Palermo al fine di disporre di un organo di informazione attraverso il quale la borghesia imprenditoriale dell'isola potesse esprimere le proprie istanze verso il governo di Roma, accusato di trascurare il meridione d'Italia, ed in contrapposizione ad altre testate di tendenza filogovernativa e più vicine all'aristocrazia terriera e conservatrice.

Il primo numero de L'Ora uscì il 22 aprile 1900, con il sottotitolo di Corriere politico quotidiano della Sicilia.

Ufficialmente ne era proprietario il marchese Carlo Starrabba di Rudinì, figlio dell'ex Presidente del Consiglio Antonio Starabba, marchese di Rudinì, ma la maggior parte delle azioni della società editrice appartenevano a Ignazio Florio, finanziatore e principale promotore dell'iniziativa editoriale, che ne assunse ufficialmente la proprietà nel 1904.

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Invité §bep134Bm

 

QUELLA MUSICA MI E' RIMASTA DENTRO ! DA BAMBINO CHE FOSSE TEMPO DI TARGA, O DI GARA IN SALITA, LO SI CAPIVA SENZA BISOGNO DEL GIORNALE O DELLA TELEVISIONE. LA CORSA ERA NELL'ARIA, IN CITTA' GIRAVANO LE MACCHINE DELLA GARA.... L'ARIA PROFUMAVA DI OLIO DI RICINO.... E LA MONTAGNA PARLAVA DA LONTANO CON IL ROMBO DEI MOTORI: NON ERA NEPPURE NECESSARIO APRIRE GLI OCCHI E SOGNAVI DI ESSERE TU SU QUELLA MACCHINA

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COPPA BELMONTE & AVOLA-AVOLA ANTICA

(di Giovanni Giunta (Ufficio Sportivo AC Siracusa)

senza-titolo-2-3-188x300.jpgInterrotta nel 1991, la classica cronoscalata siracusana,creata nel 1958 dal barone Vincenzo Bruno di Belmonte,potrebbe riprendere il suo corso se il tracciato verrà adeguato.senza-titolo-9-1-178x300.jpg

L’Automobile Club di Siracusa, nei suoi lunghi anni di attività di organizzatore, ha avuto il pregio e la capacità di saper accoppiare competizioni di alto richiamo, come la Formula 1, a manifestazioni che, anche se meno note inizialmente, hanno caratterizzato lo sport in Sicilia e non solo.

Le “due perle” a cui facciamo riferimento sono la “Val D’Anapo – Sortino” ritornata a rivivere dal 2006, e la “Coppa Belmonte” sul percorso di otto chilometri che va dalla Città di Avola all’eremo di Avola Antica.

La prima edizione fu disputata nel marzo del 1958; sospesa già dal maggio del 1991, dal 2010 si spera, completati i lavori di rifacimento del manto stradale, possa ritornare a far parte della “famiglia” dell’AC aretuseo.

II tracciato può essere suddiviso in tre parti: quella iniziale, costellata di curve a media raggio con medi rettilinei; la seconda un susseguirsi di tornanti impegnativi e senza soluzione di continuità, che si inerpicano nel meraviglioso scenario naturale dei Monti lblei, per tornare un pò più dolce nel finale.

Alla sua prima edizione aderirono complessivamente 80 piloti con vetture Turismo e Gran Turismo.

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Salvatore le Pira alla guida della fida Ferrari si è aggiudicato la seconda e la terza edizone

II Comitato Organizzatore era Presieduto da Sebastiano Pupillo (Presidente A.C. Siracusa), con vice Francesco Abela Vinci (Presidente della Commissione Sportiva dello stesso A.C. ), e ne facevano parte tutti i componenti del Consiglio Direttivo.

Alla chiusura delle iscrizioni, erano alquanto increduli, positivamente, sul numero, se anche non così alto, di partecipanti.

Fu un successo.

Ad onor del vero, dal 1958 al 1991 è stato sempre un crescente successo.

Sui suoi tortuosi tornanti si sono cimentati, complessivamente, 4250 piloti, che hanno coperto circa 300 Km di salita, lottando strenuamente per essere annoverati, negli annali storici, tra i vincitori del lauro di quella edizione.

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Gabriele Lavaggi, oltre a dirigere la gara, ne è stato protagonista in veste di pilota

La storia si crea con le vittorie.

Dobbiamo riconoscere che molti piloti hanno dato il loro contributo per creare questo “mito” con il loro impegno e, soprattutto, con i riscontri cronometrici ottenuti sui campi di gara.

II primo pilota ad iscrivere il proprio nome nell’Albo d’Oro fu Giuseppe Conigliaro su Lancia Aurelia Spider col tempo di 6′ e 15” su una distanza di 8 km, con una pendenza media del 4,75%.

A lui spetta l’onore e il merito di redigere il primo capitolo di questo lungo ed interessante libro sportivo articolato su 30 pagine di autentico confronto contro I’inarrestabile scandire del tempo.

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Con nove vittorie raccolte fra il 1980 ed il 1991, Enrico Grimaldi è il “recordman” della gara avolana

Molti piloti, anche se per una sola edizione, hanno contribuito a stilare quelle pagine: Giuseppe Sirugo nel 1965; l’anno successivo Ignazio Giunti; nel 1973 Vincenzo Ferlito e per finire “M. Arriva” nell’edizione del 1984.

Molto meglio si sono comportati Salvatore La Pira nel 1959 e nel 1960; il coriaceo Vito Coco negli anni 1961 e 1964; il sempre ottimo Giuseppe Virgilio sulla fidata A.R. Giulietta SZ negli anni 1962 e 1963.

E Giovanni Cassibba, finalmente primo nella edizione del 1987, dopa una lunga lista d’attesa, su Osella PA/9, segnando il tempo record di 4’04”58 tutt’ora imbattuto, e bissando il primato nella primavera del 1989.

Senza dimenticare il pilota palermitano “Conte Volante” Mariano Spadafora, affermatosi nella edizione del 1967, su una filante AR Giulia GTA, e nella

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Le Pira a Siracusa nel 1959

sfortunata edizione del 1970, sospesa questa perché, dopo un incidente, la folla aveva invaso il percorso con il pilota, già virtuale vincitore, alla guida di un’incontenibile Abarth 2000.

Con l’edizione del 1968 inizia il dominio incontrastato del pilota cosentino Domenico Scola, da tutti conosciuto con l’appellativo di “Don Mimì”, monarca di terra calabra, che con diversi modelli di vetture e supportato da una voglia non comune di vittoria, imponeva la propria supremazia nelle edizioni del 1968 e del 1969.

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Ancora una Ferrari alla partenza nel 1962; alla guida è Angelo Rizzo

Riprendeva nel 1974, nel 1975 e nel 1976, per finire nel 1979 dopa una interruzione “tecnica” di tre anni. Globalmente sei exploit già assegnati dal destino.

Si calcola che non meno di ottomila spettatori per edizione abbiano incitato i protagonisti con un tifo da sagra fieristica, con una scenografia innegabilmente suggestiva.

Ma il ritmare del tempo imponeva altri “eroi” ed altre vittorie.

La 19° edizione del 4 maggio 1980 permetteva alle migliaia di spettatori accorsi lungo gli 8.200 metri del tracciato che collegano la cittadina Ionica, madre della mandorla “Pizzuta”, all’eremo di Avola antica sito a 468 mt di altitudine (ove era ubicato il traguardo finale), di condividere i

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Il siracusano Riccardo Vinci (in azione nel 1982) con la Fiat X1/9 gruppo 4 è stato tra i protagonisti della gara di casa

natali di un nuovo “astro” quello del portabandiera della Scuderia Etna Enrico Grimaldi, “Principe Volante”, in virtù dei suoi blasonati natali. Grimaldi appone il sigillo personale, sempre sulle fidate Osella PA/7 e 9, nelle edizioni dal 1980 all’83, e ancora nel 1985, 1986, 1988, 1990 e 1991.

Per ben nove volte respinge gli assalti di altrettanti ben noti “cavalieri del rischio”, all’ abbassarsi della bandiera a scacchi, vincendone i confronti cronometrici.

Nella primavera del 1991, dopo la trentesima edizione, tutto ebbe termine.

Ma come si può dopa tanta illustre storia, concepire di stendere un vela pietoso su tutto e dimenticare?

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Ancora una Ferrari alla partenza nel 1962; alla guida è Angelo Rizzo

Per la ripresa della” Coppa Belmonte” i tempi per il rifacimento del tracciato ci sembrano non realizzabili nell’immediato prossimo.

Pero, come potrebbe succedere nelle favole di tutto rispetto, l’Automobile Club di Siracusa confida nel- l’arrivo e nel bacio di un sempre possibile “principe azzurro”..[h3]Albo d’oro[/h3]

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[h3]

(DA SICILIA MOTORI)[/h3]

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Invité §bep134Bm

ALLA TARGA E' ACCADUTO PROPRIO TUTTO !

 

 

 

 

 

 

 

Motorsport / Storia

[h1]Ugo Sivocci, storia di superstizioni[/h1]

 

 

 

 

1 Voto

Pubblicato il 19 Maggio 2013 ore 15:00

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3 min

 

 

 

19 maggio 2013 – Ugo Sivocci, il Quadrifoglio, il “13” e il “17”. Questa è una storia di piloti e superstizioni che risale all’alba delle competizioni automobilistiche, quando l’Alfa Romeo non era ancora famosa e cercava con tutte le sue forze un’affermazione importante in quella che era considerata la gara più prestigiosa al mondo: la Targa Florio.

Masetti-Sivocci-Ascari-Targa-Florio-436x291.jpgPer la Targa Florio del 1923 erano state preparate quattro Alfa Romeo “RL”, affidate ad Antonio Ascari (padre di Alberto, ndr) , Enzo Ferrari, Giulio Masetti e Ugo Sivocci. Quest’ultimo, scopritore e amico fraterno di Ferrari, era un pilota di grande esperienza e competenza tecnica. Purtroppo, Sivocci era spesso sfavorito dalla sorte e, per tale motivo, era considerato un “eterno secondo”.

Così, per provare a scacciare la sfortuna, in quell’occasione si faceva dipingere sulla calandra della propria vettura – cui era stato attribuito il numero “17” – un quadrilatero bianco, nel quale campeggiava un bel quadrifoglio verde. Quel simbolo, finalmente, gli portava fortuna. Infatti, verso il termine di quella lunga gara, maschia e polverosa, le possibilità di vittoria erano ormai limitate al terzetto di testa, composto dagli alfisti Ascari e Sivocci e da Minoia, che seguiva su una Steyr VI Klausen Sport. A soli duecento metri dal traguardo avveniva il colpo di scena: la “RL” di Ascari si spegneva. Il suo vantaggio, però, era tale che i meccanici arrivano in tempo per far ripartire il motore, ma nell’euforia salivano tutti a bordo per tagliare il traguardo, compiendo un’azione proibita dal regolamento.

Pertanto, Ascari doveva ritornare al punto dove si era fermata la sua automobile e ripercorrere, questa volta da solo, l’ultima parte del tracciato. Nel frattempo, felice come una Pasqua, sopraggiungeva il buon Sivocci, che superava Ascari e tagliava il traguardo da vincitore: assicurava all’Alfa Romeo la prima vittoria assoluta in campo internazionale. Era il 15 aprile del 1923.

Circa sei mesi dopo, Sivocci si trovava a Monza per partecipare alle prove del Gran Premio d’Europa, con la sua Alfa Romeo “P1” contraddistinta dal numero “13”. Durante le prove, purtroppo, Sivocci usciva di pista e perdeva la vita.

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La macchina dello sventurato pilota, questa volta, non aveva il quadrifoglio verde sulla calandra: tale coincidenza suscitava notevole impressione tra i piloti, i meccanici e i tecnici della Casa del Biscione. Così, per la stagione agonistica del 1924, pur senza disposizioni ufficiali della Casa madre, sulle Alfa Romeo da competizione compariva il quadrifoglio verde. In memoria di Sivocci, il quadrato bianco era stato sostituito da un triangolo: quel lato in meno significava l’assenza del pilota scomparso. Da allora, quel simbolo è presente su tutte le auto sportive dell’Alfa Romeo.

FP | Enzo Frangione

@enzofrangi1

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Invité §bep134Bm

 

 

 

[h1]Targa Florio Was a Race That Cannot be Compared to Any Other[/h1]

 

Targa Florio was an endurance race held on an open road in the mountains of Sicily, near the city of Palermo.[h3]Exciting 71 years[/h3]

The race was founded in 1906 and was the oldest sports car racing event, part of the World Sportscar Championship between 1955 and 1973. After that, the race was a part of the national sports car event, until it was discontinued in 1977 due to safety reasons. But, the race is still alive as a part of the Italian Rally Championship.http://cdn1.snaplap.net/wp-content/uploads/2015/08/10173935/vincenzo-florio.jpg

Vincenzo Florio

[h2]A dream come true for Vincenzo Florio[/h2]

The founder of the race was a racing pioneer and wealthy automobile enthusiast Vincenzo Florio. Targa Florio was one of the hardest motorsport competitions in Europe with a length of 446 km through multiple hairpin curves on dangerous mountain roads, at heights where severe weather changes were frequent. Very quickly, Targa Florio became one of the most important and most popular racing events in Europe. During the 1920s, many famous racers of that time took part in Targa Florio. The FIA in 1953 formed new series called World Sportscar Championship and Targa Florio became a part of it two years later.

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Targa Florio race

[h3]Huge lap around Sicily[/h3]

The course of Targa Florio had several versions. It started with a single lap of a 148 km circuit from 1906-1911 and 1931. From 1912 to 1914, the race was a tour around Sicily, with a single lap of 975 kilometres, lengthened to 1080 km from 1948 to 1950. The 148 km circuit called Grande was shortened twice, the first time to 108 km, the version used from 1919 to 1930, and then to the 72 km circuit used from 1932 to 1936 and 1951 to 1977. From 1951 to 1958, the long coastal island tour variant was used for a separate event called the Giro di Sicilia.

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Nino Vaccarella Ferrari 512 at 1970 Targa Florio

[h2]More than 2000 corners on the course and various types of cars[/h2]

The challenge that this race has provided can’t be compared with any other race or track. The original Grande circuit had over 2000 corners per lap, and when it was shortened, it had almost 900 corners per lap. By comparison, the longest racing circuit in the world, Nurburgring, has about 180 corners, so it was very difficult to learn all the specifications of the track, especially as it was used for public traffic.[h3]Video – Targa Florio episode of Classic Races documentary[/h3]

Even with all the aggravating circumstances, some impressive results were achieved at the Targa Florio. Leo Kinnunen in 1970 was the fastest ever, lapping in the Porsche 908/3 at 128.571 km/h or 33 minutes and 36 seconds.[h3]Insane, but still widely popular race[/h3]

The last ‘original’ Targa Florio was held in 1973. Many drivers called this race totally insane, especially after a few huge crashes, two of which were fatal. The FIA mandated safety walls on all circuits that were going to hold FIA events, and given almost 80km of combined public roads, Targa Florio was simply impossible and completely unsustainable, especially from a financial standpoint.

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Vic Elford in Porsche 908 at 1971 Targa Florio

But interestingly, during 71 years, only nine people including spectators died during Targa Florio. That number is relatively small in comparison to another legendary race held in Italy, Mille Miglia, where 56 people lost their lives during 30 years and total of 24 races.

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1965 Targa Florio Porsche 904/8 Bergspyder

[h3]Porsche was the most successful[/h3]

With 11 victories, Porsche was the most successful manufacturer at Targa Florio and after a couple of wins, they named the convertible version of the 911 after the Targa. Alfa Romeo is the second on the list of the most successful cars with 10 wins, while Ferrari had seven victories. Lancia and Bugatti are the five-time winners while a total of 32 manufacturers recorded at least one victory in this unique and incredible race, that is unimaginable in today’s world of racing.

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Invité §bes888PR

[*n]Posté le 02-10-2019 alle 16:04:43

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L’Associazione Culturale Amici della Targa Florio comunica che per la giornata di Lunedì 21 ottobre, alle ore 19,00 , è stata organizzata una riunione per appassionati, assolutamente informale, in ricordo di Pucci Spatafora, gentleman driver palermitano recentemente scomparso.

 

La riunione sarà ospitata nei locali del Museo Storico dei Motori e dei Meccanismi - Sistema Museale di Ateneo - Dipartimento di Ingegneria - Viale delle Scienze - Edifico 8 - Macchine.

 

Saranno proposte immagini di Pucci Spatafora nel corso delle otto edizioni di Targa Florio a cui ha ininterrottamente partecipato, dal 1970 al 1977, ed i suoi copiloti di allora saranno presenti a commentarle, raccontandoci le storie, gli episodi e gli aneddoti di quelle gare, spesso mai riportati dalle cronache di quegli anni.

 

Una davvero particolare bella presenza, a quattro ruote, inoltre, ricorderà “ Pucci “ e la sua mai sopita passione per le gare.

 

Un bel filmato sulla Targa Florio 1973, ultima valida per il “Mondiale”, in giornate di prove libere, prove ufficiali e gara concluderà la riunione.

 

L’Associazione ringrazia sin d’ora il Museo dei Motori per la sua consueta ospitalità, l’Amico Roberto Barbato per la sua amichevole collaborazione a fornire prezioso materiale fotografico, anche per la realizzazione della locandina della manifestazione ora pubblicata, nonché tutti gli Amici appassionati e gli Amici piloti per la loro affettuosa disponibilità, a vario titolo.

 

 

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Invité §TAR516zF

AlvinModels - Mini Targa Florio

Ancora una volta con l'amico Alfonso abbiamo messo mano su una già ottima base opera del caro Gabriele Guidetti, uscita nella serie da edicola in scala 1/43 dedicata alle Maserati: La Maserati Monofaro del 1947.

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L'intento è stato quello di migliorarla laddove possibile, ricavandone anche la versione biposto (senza tonnau cover) e con i doppi fari ai lati della mascherina, così da potere riprodurre le diverse versioni che hanno corso anche la Targa Florio (negli anni 1948 - 1951) e Salita del Monte Pellegrino (1950 e 1951).

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E' prevista una piccolissima serie già montata così come a suo tempo abbiamo fatto per la Maserati 200 SI del 1959 e l'Abarth 204 A del 1950 (anche queste realizzate su base "Guidetti").Alfonso ha realizzato un ottimo stampo e delle eccellenti resine, mentre il mio lavoro è stato concentrato sulla realizzazione delle nuove versioni e sulle rifiniture.

Le ruote a raggi sono di Sprint43 (www.sprint43.ch).

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Alle foto del primo montaggio "in bianco" seguiranno, spero entro Natale, le foto dei modellini completi e rifiniti.

Per informazioni wlatargaflorio@gmail.com

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Invité §bep134Bm

L'intento è stato quello di migliorarla laddove possibile, ricavandone anche la versione biposto (senza tonnau cover) e con i doppi fari ai lati della mascherina, così da potere riprodurre le diverse versioni che hanno corso anche la Targa Florio (negli anni 1948 - 1951) e Salita del Monte Pellegrino (1950 e 1951).

 

 

MERAVIGLIOSA OCCASIONE PER RICORDARE JUAN MANUEL FANGIO E LA SUA PARTECIPAZIONE ALLA TARGA FLORIO

 

https://www.museofangio.com/en/juan-manuel-fangio/races/1953/

[h3]

[/h3][h3]FANGIO RACE Nº 116[/h3]

Date: 14-05-1953

Targa Florio - Sicily - Italy

Category: Mundial Coches Sport

Position: 3º assoluto

Tempo: 7h 13min 43sec

Car: Maserati A6 GCS Monofaro

 

Number: 26

FANGIO - MANTOVANI

-------------------------------------------------------------NB La macchina della foto è esposta al Museo di Fangio

 

 

img-328.jpg

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Invité §TAR516zF

 

MERAVIGLIOSA OCCASIONE PER RICORDARE JUAN MANUEL FANGIO E LA SUA PARTECIPAZIONE ALLA TARGA FLORIO

 

https://www.museofangio.com/en/juan-manuel-fangio/races/1953/

[h3]

[/h3][h3]FANGIO RACE Nº 116[/h3]

Date: 14-05-1953

Targa Florio - Sicily - Italy

Category: Mundial Coches Sport

Position: 3º assoluto

Tempo: 7h 13min 43sec

Car: Maserati A6 GCS Monofaro

 

Number: 26

FANGIO - MANTOVANI

-------------------------------------------------------------NB La macchina della foto è esposta al Museo di Fangio

 

 

https://www.museofangio.com/img/autos/img-328.jpg

 

Caro Beppe,

il campione argentino debuttò in Targa Florio non con la "monofaro", vettura ormai obsoleta nel 1953 m, ma con la più agile e prestazionale A6 GCS/53, la barchetta 2000 che sostituì la Monofaro.

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Invité §bep134Bm

Caro Beppe,

il campione argentino debuttò in Targa Florio non con la "monofaro", vettura ormai obsoleta nel 1953 m, ma con la più agile e prestazionale A6 GCS/53, la barchetta 2000 che sostituì la Monofaro.

 

PURTROPPO ANCHE I PERFIDI MODELLISTI, IN SCALA 1/100000, OGNI TANTO HANNO RAGIONE !

COME POTRO' ESPIARE LE MIE COLPE ?

 

 

746px-1953-05-14-TargaFlorio-MaseratiA6GCS-2042-Mantovani.jpg

 

SONO STATO TRATTO IN INGANNO DAL SITO DEL MUSEO FANGIO

 

https://www.museofangio.com/en​/juan-manuel-fangio/races/1953​/

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Ciao a tutti,

I modellini della collezione Maserati, come i tanti altri prodotti sotto la supervisione di Gabriele Guidetti, sono dei piccoli capolavori.

Capolavori che, vista la loro destinazione, devono costare poco ed essere robusti, aspetti da non sottovalutare.

Pertanto non mi sono limitato a clonare, ma ho riconsiderato e rivisto tutti gli spessori e gli incastri dei vari pezzi, nonché il layout di alcuni accessori, anche per rendere l'esperienza del montaggio simile a quella di un classico kit.

Purtroppo ho ancora molti limiti, anche tecnici, che vengono agilmente superati dalle abilità modellistiche di Enzo.

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Invité §bep134Bm

Sergio Mantovani réalisa quelques belles courses en voitures de sport, avant de passer à la Formule 1, où un accident l'empêcha de poursuivre sa carrière, et de s'améliorer.

 

 

 

 

 

Sergio Mantovani réalisa quelques belles courses en voitures de sport, avant de passer à la Formule 1, où un accident l'empêcha de poursuivre sa carrière, et de s'améliorer.

 

Né à Cusano MIlanino, Sergio fut un homme d'affaire très talentueux, considérant son jeune âge. Ses premières expériences dans le pilotage de bolides remontent au début des années 50. D'abord dans quelques courses mineures de voitures de sport, ne comptant pas pour le championnat, il réalise ses premiers faits d'armes importants en 1952, lorsqu'il termine second dans sa catégorie lors du Grand Prix de Bari, puis lors des 12 heures de Pescara, au volant d'une Lancia Aurelia GT. Suite à ces places d'honneur, Sergio acquiert une Maserati. Il se retrouve très vite impliqué dans les travaux de l'équipe officielle, avec laquelle il participe à une course de Formule 2 à Syracuse, où il est victime d'un accident.

Il court également en voitures de sport avec un certain succès. Il termine sur la dernière marche du podium lors de la Targa Florio, et décroche la victoire lors de la course de Caserta.

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Et en fin d'année, il participe à son premier GP de Formule 1, la course italienne disputée à Monza. Qualifié en douzième position, il partage sa voiture avec Luigi Musso, et tous deux se hissent au 7ème rang.

 

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L'année suivante commence magnifiquement pour le pilote italien qui termine troisième de la course de F1 hors championnat de Syracuse (avec 5 tours de retard tout de même sur Farina), et réédite sa performance au GP de Rome. Puis vient le championnat du monde, Sergio participe à la saison complète. Face à une opposition plus importante qu'à Syracuse et Rome, il réalise néanmoins une année honorable en enchaînant deux cinquièmes places au Nürburgring et en Suisse. En fin d'année, il termine également quatrième d'une course hors championnat en Grande-Bretagne. En voitures de sport, son meilleur classement est une cinquième place acquise au Tourist Trophy. En 1955, il commence l'année par une 7ème place lors du GP d'Argentine, acquise en conduisant la voiture de Musso. Même résultat peu de temps après lors de la course de Buenos Aires, à plus de 2 minutes de Fangio. Puis vient le GP de Valentino, où il est victime d'un accident pendant les essais libres. Très grièvement blessé aux jambes, il doit être amputé d'une jambe à partir du genou. Sa carrière de pilote est stoppée net.

 

Mais Sergio Mantovani reste impliqué dans le sport automobile, il fit partie de la commission de l'automobile club d'Italie. Il est décédé à Milan le 23 février 2001 à l'âge de 71 ans.

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Invité §bep134Bm

 

.... FUMMO I LEONI ED I GATTOPARDI.... ED ERA VERO!

 

 

 

 

I LEONI DI SICILIA

Totò Rizzo per "www.leggo.it"

stefania-auci-6-1219504_tn.jpgSTEFANIA AUCI 6

« Mi scusi ma devo uscire perché in sala professori il cellulare non si sente bene ». Suona strano che lo dica Stefania Auci, scrittrice rivelazione dell'estate, autrice di un best-seller che ha venduto più di 150 mila copie, che ha battuto in classifica due miti come Camilleri e Stephen King.

i-leoni-di-sicilia-1219497_tn.jpgI LEONI DI SICILIA

Un libro da 448 pagine al centro di una serrata trattativa per la trasposizione televisiva, che il 7 novembre esce in Olanda, a febbraio in Spagna, a ruota in Francia e in Germania, e che in primavera HarperCollins distribuirà nei Paesi di lingua anglosassone: dall'Inghilterra agli Stati Uniti, dal Canada all'Australia.

stefania-auci-4-1219502_tn.jpgSTEFANIA AUCI 4

Si intitola I leoni di Sicilia (edizioni Nord), storia della famiglia Florio, gli imprenditori di origine calabrese, poi siciliani d'adozione, sempre raccontati sotto il profilo finanziario e sociale ma che nessuno aveva mai pensato di narrare sotto forma di saga domestica, romanzandone vita privata ed affari tra la fine del '700 e gli albori del '900. La Auci, ovviamente, è già al lavoro per il sequel.

Non ancora travolta da improvviso successo, lei, 44 anni, trapanese di nascita trapiantata a Palermo, continua a fare nel capoluogo siciliano l'insegnante di sostegno all'Istituto alberghiero Paolo Borsellino: « Non ho voluto prendere l'aspettativa, sono entrata di ruolo solo due anni fa e poi mi dispiacerebbe lasciare i miei alunni ».

i-florio-1219496_tn.pngI FLORIO

La sua vita sarà un inferno, confessi.

« No, perché? Se si resta con i piedi per terra, tutto sta nell'organizzarsi. Sveglia alle 5 del mattino, incombenze da casalinga (ho un marito e due figli di 15 e 13 anni), sistemo casa, carico lavatrici, preparo colazioni e poco prima delle 6 mi metto al computer.

stefania-auci-2-1219500_tn.jpgSTEFANIA AUCI 2

Poi vado a scuola: in auto, auricolare incollato all'orecchio per aggiornamenti dalla casa editrice, interviste, accordi per spostamenti aerei o ferroviari per il week-end quando vado a presentare il libro in tutta Italia. Torno sulla tastiera e sui libri di storia dopo pranzo, e li alterno al lavoro scolastico che devo sbrigare a casa, fino ad ora di cena. Alle nove, è chiaro, crollo sul cuscino ».

camilleri-1187242_tn.pngCAMILLERI

Cosa è piaciuto del suo libro a più di 150 mila lettori?

« La storia di una famiglia attraverso uomini e donne che erano sempre stati al centro di un racconto mercantile, finanziario: le intuizioni commerciali all'avanguardia, il successo economico, i fasti della Belle Epoque Qui si parla anche di sentimenti, di psicologie.

Poi, non sta a me dirlo, credo abbia contribuito una scrittura chiara: sono dell'idea che il lettore non debba essere costretto a rileggere un periodo per capirlo ».

I detrattori parlano di polpettone: cosa risponde?

stephen-king-4-947885_tn.jpgSTEPHEN KING 4

« Il polpettone è uno dei classici della nostra cucina: buonissimo ».

Ha stracciato in classifica due dei suoi autori preferiti: lei in testa, Stephen King secondo e Camilleri terzo.

« Non me ne parli, un'estate di sensi di colpa. Camilleri ha creato un nuovo immaginario della Sicilia e un linguaggio della cui profondità forse non ci siamo ancora resi conto. King è un genio assoluto, ha predetto anni fa quell'America che adesso ci troviamo davanti, profetico come tutti i maestri ».

la-famiglia-florio-1219498_tn.jpgLA FAMIGLIA FLORIO

Lei legge di tutto...

« Diffido di chi fa distinzioni tra letteratura tout court e letteratura di genere, tra scrittura alta e di consumo. Guardo male chi dice ma quello è un libro d'evasione. E allora? ».

In tv chi le piacerebbe come protagonista nei panni di Vincenzo Florio?

« Mi piacerebbe molto Francesco Scianna ».

Pur restando una con i piedi per terra, avrà fastidio di qualche aspetto della popolarità.

stefania-auci-1-1219499_tn.jpegSTEFANIA AUCI 1

« Amo incontrare i lettori, ne sento l'affetto, mi piace firmare autografi, scrivere dediche, mi sottopongo volentieri al rito dei selfie. Non amo invece curiosità eccessive o intrusioni nel mio privato anche perché, come s'è capito, è di una normalità disarmante ».

stefania-auci-8-1219506_tn.jpgSTEFANIA AUCI 8

Figli e marito hanno da recriminare adesso che è la diva di casa?

« Cerco di non far mancare loro anche la minima attenzione. I figli, più risoluti, hanno soltanto avvertito: Se vieni a parlare nella nostra scuola faccelo sapere così quel giorno non andiamo.

STEFANIA AUCI 7

Molto più tenero mio marito: Quando vai a presentare il libro in Australia, porti anche me?. Abbiamo fatto il nostro viaggio di nozze in Australia, 18 anni fa. Ma lui forse non sa che non c'è niente di meno romantico di un tour di promozione editoriale ».

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Invité §bep134Bm

 

MERAVIGLIOSA OCCASIONE PER RICORDARE VITO COCO E LA SUA PARTECIPAZIONE ALLA TARGA FLORIO

 

 

 

 

Tratto da Sicilia Motori – Anno VI – n.1-2 (57-58) – Gennaio – Febbraio 1987

di Luigi Ronsisvalle

11.1-224x300.jpgIl fisico è quello di un tranquillo signore di mezza età, ma lo spirito è ancora quello di una volta. Non corre più dal 1980, ma la voglia di motori sembra non lo abbia ancora abbandonato. Vito Coco, catanese, ha 57 anni, una vita di auto da corsa, sia in gare in salita, un pensierino ad un rientro, seppure non clamoroso lo ha fatto.

I motori sono la mia passione da sempre, ma gli anni passano ed è difficile rimanere ai vertici. Tuttavia la possibilità di tornare a gareggiare in pista nel trofeo “Fiat Uno” è tutt’altro che remota. Per la prossima stagione potrei acquistare una di queste “macchinette”; così tornerei a gareggiare in pista e mio figlio Roberto potrebbe anche fare qualche gara in salita”.

Il fascino delle gare, il rumore dei motori, l’odore della benzina e dell’olio bruciati. Richiami troppo forti per chi ama questo mondo. Ma ad una certa età occorre anche farei conti con la carta di identità e con l’anagrafe che non ammettono discussioni.

‘Certo i tempi sono ormai cambiati. Tornare a correre potrebbe anche essere un rischio nel senso che si potrebbe andare incontro ad una figuraccia. Tuttavia credo che limitando l’attività al circuito, dove occorre sapere ragionare ed avere tanta esperienza, anziché il solo coraggio per spingere il pedale dell’acceleratore fino in fondo, potrei ancora dire la mia. Dove c’è da correre lascio, invece, il passo a mio figlio Roberto, che ha 27 anni, ma forse meno voglia di vincere e meno grinta di quanta non ne avessi io alla sua età

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Coco in una delle sue ultime gare, il Trofeo Bazan del ’77 a Pergusa, in testa al “plotone” con l’Alfa Gt

LE PAZZIE DI UN TEMPO

I tempi sono evidentemente cambiati. Magari i giovani non sono disposti a fare quei sacrifici e, diciamolo pure, quelle « pazzie » che invece un tempo erano, per così dire, la regola.

Una volta tutte le occasioni erano buone per correre, per misurarsi con gli amici-avversari, per conquistare una vittoria seppure simbolica. Si organizzavano su 2 piedi gare di velocità in salita sui tornanti dell’Etna, Una volta addirittura ci si misurava sulla Catania-Messina, quando ancora l’autostrada non era stata nemmeno progettata. E sapete quanto si impiegava? Un’ora!”.

L’aneddotica di queste « performances » è assai ricca. Un episodio su tutti, seppure raccontato a denti stretti e quasi con noncuranza.

“Una volta un mio amico accettò una sfida tra « 850 » sui tornanti dell’Etna. Ha vinto il mio amico perchè nei rettilinei lo « spingevo » con un’Alfa Romeo 1300”.

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Ripreso ad una recente premiazione della Catania Corse

La carriera di Vito Coco non è ricca solo di questi episodi ma soprattutto di vittorie. Centinaia di successi nell’arco di 29 anni di carriera, quasi sempre alla guida di auto con motori Alfa Romeo, sia in competizioni che in circuito, velocità e salita.

L’INIZIO PER HOBBY

Comincio a correre nel ’51. Ma il mio era un hobby. Il lavoro (Coco commercia in vini e gestisce un rifornimento di carburante a Catania ndr) ha sempre assorbito gran parte del mio tempo. Non ho mai avuto una attività programmata come si usa oggi. Correvo quando avevo tempo. Talvolta partivo il sabato e arrivavo tardi alle prove. Ma in gara non scherzavo certo. Allora, per chi riusciva a vincere tra premi di gara e premi delle Case (auto, pneumatici, lubrificanti) si riuscivano a coprire le spese ed avanzavano anche soldi. Nel 1961 alla Targa Florio vinsi 4 milioni di lire quando il prezzo della mia macchina era di un milione e 250000 lire“.

La carriera di Vito Coco inizia con una 1100 E alla Catania-Etna, la corsa di casa di cui il pilota catanese conosceva ovviamente tutti i segreti.

Fare la “Catania-Etna”, quando ancora si partiva da Catania era un piacere ma io preferivo le gare in circuito. Nonostante questo nelle gare in salita ho centrato parecchi successi fra i quali la “Monte Erice” e la “Avola-Avola Antica”. Nella mia categoria non ho quasi mai avuto rivali. Solo per l’assoluto ho trovato avversari difficili da superare. Ma in genere erano piloti che arrivavano da fuori. Comunque sulle strade dell’Etna rendevamo la vita difficile a tutti. Una volta, se non ricordo male nel ’59, correvo con un ‘Alfa Sprint veloce. Ero partito per fare l’assoluto. Alla penultima curva mi è letteralmente volata via la ruota anteriore sinistra. La curva però era a sinistra ed essendo la macchina appoggiata sulla destra non mi accorsi subito di cosa era accaduto. La vettura con un ottimo assetto, rimase in strada. Mi dovetti fermare e con l’aiuto di alcuni spettatori montare la ruota di scorta, persi parecchi minuti. Ma nonostante questo arrivai 4°”.

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Ai box di Cerda accanto alla Ferrari.

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Eccolo in azione con la vettura modenese.

LE GARE IN CIRCUITO

Gli anni 60 erano anche gli anni delle corse nei circuiti siciliani. Allora si correva a Siracusa, sfruttando in parte strade statali; Pergusa era solo un anello attorno al lago; la Targa Florio era valida per il Mondiale Marche.

Ho corso la mia Targa Florio nel ’57 in coppia con Vito Sabbia. Guidavamo 1100 TV. Fummo primi di categoria e 11° assoluti. Proprio la “Targa” mi diede le soddisfazioni più grosse. Nel ’60, stavolta in coppia con Enzo Arena, con una Zagato 1300 veloce arrivammo 7° assoluti e dominammo la nostra classe. L’anno dopo facemmo ancora meglio, con la stessa macchina, arrivammo al 5° posto, dopo aver vinto la nostra classe”.

Nel 1967 Vito Coco decide di smettere. l tempi cominciavano a cambiare, anche se con un motore Alfa- Romeo 1300 preparato da Virgilio Conrero, Coco riusciva a correre per 2 stagioni cambiando solo le candele e ottenendo 23 successi.

‘Erano motori fantastici. Dopo una Targa Florio perdevano solo 2 o al massimo 3 cavalli. Però bisognava saperli trattare”.

Poi il lavoro e quel « corro solo quando ne ho voglia » lo allontanarono dalle competizioni. Ma la separazione fu molto breve. Appena 2 anni dopo il rientro.

Mi telefonò Conrero dicendomi che poteva mettermi a disposizione l’Alfa GTA 1600 di Corrado Amato che lui stesso aveva preparato. Il Campionato Italiano stava per concludersi. L’ultima gara si disputava a Siracusa: la “Tre Ore Notturna”. Erano iscritti tutti i migliori piloti italiani: Facetti, De Leonibus, Baronio. La tentazione fu troppo forte per me. Mi iscrissi. Tutti mi davano per finito. Scommisi con me stesso. A Siracusa avevo già vinto altre volte. Vinsi così anche quella gara”.

Nel giro Vito Coro era già famoso. I suoi « numeri » avevano fatto storia. Qualche volta addirittura corso in due classi diverse nella stessa gara.

“Accadde nel ’66 alla Monte Erice e alla Avola-Avola Antica. Guidai una 1150 Gran Turismo ed un’ Appia Sport. Le partenze delle 2 classi erano abbastanza lontane tra di loro. Così salivo prima con l’Appia e, dopo essere ridisceso per una stradina interna, ripartivo con la mia 1150. Fui 1° di categoria in entrambe le classi e 1° assoluto‘.

L’IMPORTANZA DEL PILOTA

Allora il pilota era determinante al fine del successo.

Le auto erano quasi tutte uguali. Non c’era la esasperata ricerca del particolare di oggi per guadagnare qualche cavallo. Diciamo che il pilota era determinante all’ottanta per cento. Ai giorni nostri ormai vince chi ha più soldi. Un’ottima macchina significa vittoria quasi sicura rispetto a chi è magari bravo ma corre con una macchina meno potente e preparata

Ma un tempo era indubbiamente diversa anche la mentalità e l’ambiente del mondo delle corse.

lo mi portavo sempre dietro la famiglia. I miei due figli Salvatore e Roberto fin da piccoli hanno vissuto in questo mondo“.

Ma oggi non corrono. Come mai?

Salvatore, dei motori e delle macchine, è un appassionato. Ricorda a memoria i piazzamenti di tutte le gare di Formula 1, Riconosce modelli e anno di fabbricazione di tutte le auto. Ma evidentemente la sua passione si ferma lì. Guida bene ma di correre non se ne parla. Roberto, il più giovane, invece guida e ogni tanto corre ma con le moto da fuoristrada. E’ uno sportivo praticante ma come tutti quelli che fanno troppe cose finisce con lasciarle tutte a metà. Ma se il mio progetto di tornare in pista si concreterà allora anche lui farà un paio di cronoscalate e poi vedremo se saprà fare meglio di me”.

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Coco in un tornante della “Montepellegrino” su una Lancia

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Al “via” di una delle sue prime corse, la “Catania-Etna”, alla guida di una Fiat Balilla.

NO AL PROFESSIONISMO

L’avere vinto quasi tutto quello che c’era da vincere, seppure nell’ambito delle classi in cui concorreva, con soddisfazioni di particolare rilievo quali le affermazioni assolute alla “Tre Ore Notturna di Siracusa”, alla “Coppa Città di Enna” di Pergusa e altre classiche siciliane, non hanno mai fatto scattare in Vito Coco la voglia di trasformare questa sua passione per l’automobilismo in attività professionale.

È anzi stato il contrario. Proprio perché avevo vinto quasi tutto e dunque non avevo più stimoli, decisi di ritirarmi per la prima volta nel 1967. E dire che le proposte per passare professionistica non mi erano di certo mancate. Con Enzo Arena prendemmo parte alla Targa Florio con una Cobra di fabbricazione americana. Gli statunitensi avevano portato quattro macchine. Tre erano state preparate al meglio ed affidate a piloti del calibro di Phil Hill, la quarta vettura era una sorta di muletto. Ebbene nonostante questo dopo 7 giri eravamo in testa. Mancavano solo 3 giri alla fine ma Arena, dopo avere fatto il giro più veloce, ruppe il manicotto dell’olio e dovemmo ritirarci. Ci proposero di correre sui circuiti europei ed in America. Io non accettai per via del lavoro e della famiglia. Arena invece accettò ed andò a correre al Nurburgring. Purtroppo gli andò male. Uscì di strada, si ruppe alcune costole e fu costretto ad abbandonare l’attività“.

I ricordi di una attività durata quasi trent’anni sarebbero ancora parecchi. Ma il passato sembra essere solo un bel quadro da guardare ed ammirare per poco. Poi si punta decisamente al futuro. Ed il futuro, nonostante i 60 siano ormai alle porte, potrebbe anche riservare un Vito Coco dominatore dei trofei monomarca.

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Invité §tri338xF

Per chi fosse interessato.

Oggi in tardo pomeriggio, arriva nella "Mancha Sicana" - a Caltanissetta - il Giro di Sicilia per moto d'epoca

 

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Qui sotto il programma per la giornata odierna e per domani domenica

 

3° giorno – Sab 5 Ott km 261 c.ca

  • Hotel Aci Castello – h 8.30
  • Catania
  • Vizzini
  • Ragusa (sosta pranzo – km 118 c.ca) – PARTENZA CRONO
  • Caltagirone
  • Piazza Amerina (sosta visita)
  • Hotel – Caltanissetta (km 143 c.ca)

 

 

Logo Motogiro di Sicilia 2019.jpg

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4° giorno – Dom 6 Ott – km 142 c.ca

  • Hotel – Caltanissetta – h 8.30
  • Caltanissetta
  • Resuttano
  • Petralia Sottana
  • Caltavuturo
  • Cerda (sosta foto ricordo Floriopoli)
  • ARRIVO Trabia (sosta pranzo – km 142 c.ca)

 

La manifestazione è partita da Palermo e formalmente si chiude a Floriopoli

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Invité §bep134Bm

 

In Sicilia si correva sempre, dovunque e comunque.....

 

 

 

[h2]La “Meteora” Trapanese[/h2]

Tratto da Sicilia Motori n°2 (137) – Febbraio 1995

di Vincenzo Prestigiacomo

Fu una sera dell’autunno 1951 che, tra una portata di pesce ed un bicchiere di buon vino, ad alcuni sportivi quali Francesco Naselli, Toto Minore, Michele Sansica, Giuseppe Di Vita venne l’idea originale di organizzare una corsa di velocità sul’anello stradale dell’aeroporto di Kinisia, in provincia di Trapani.

Il gruppetto di amici ne parlò con i responsabili del locale Automobile Club, e l’idea di una corsa in una pista d’aviazione piacque subito, tant’e che l’Ente stanziò la bella cifra di 500.000 lire facendo propria la manifestazione sportiva.

Per Trapani era sia un’occasione di svago e di divertimento, sia un mezzo per portare in città turisti provenienti da più parti della Sicilia.

Ma la cifra stanziata dall’Ac Trapani non bastava a coprire gli alti costi dell’organizzazione.

In aiuto vennero I’Ente Provinciale Turismo di Trapani e l’Assessorato Regionale al Turismo, che dopo frenetiche trattative elargirono un contributo di 600.000 lire.

Nell’aprile 1952, risolto il problema del reperimento dei fondi, parti immediatamente la macchina organizzativa.

I dirigenti dell’Automobile Club Trapani ­ sotto l’abile regia del Presidente Fabrizio Adragna ­ fecero sistemare in poco tempo la pista dell’aeroporto.

senza-titolo-11.jpgCominciarono ad arrivare anche le prime adesioni dei piloti: i trapanesi erano ovviamente capeggiati da Minore, Naselli, Di Vita e Sansica.

Lo staff organizzativo lavorava con entusiasmo.

Una corsa di velocità che aveva come scenario l’aeroporto era decisamente una novità in senso assoluto. I preparativi comportarono comunque enorme fatica, ma il sacrificio venne ripagato il giorno della gara, che si disputò il 28 settembre 1952.

Ai bordi del magnifico anello c’era una cornice di pubblico appassionato, valutabile in oltre 35.000 persone. I concorrenti di quella prima edizione furono 50.

Alla partenza le vetture erano disposte a spina di pesce per categoria.

Fecero da starter il prefetto Criscuoli, il sindaco Agliastro ed il colonnello Ciotti, comandante del Presidio Militare.

I primi piloti a dorsi battaglia furono quelli delle Fiat C. Su quella pista grigia e polverosa dopo 39 23″ 2/5, alla media di km/h 84,500, la spuntò il palermitano Mario Rossi; alle sue spalle si piazza il trapanese Franco Naselli, che fece fermare i cronometri in 40’01” 1/10; terzo fu Salvatore Reggio, che impiegò 40’01” 4/5. Qualche minuto dopo la conclusione della prima corsa fu la volta delle Fiat 1100 E.

In questa categoria fu una lotta palermitana fra Alfredo Vigneri ed Antonio Prestigiacomo, mentre il trapanese Salvatore La Luce punzecchiava i due contendenti.

Al penultimo giro la vittoria sembrava non sfuggire a Prestigiacomo, ma all’improvviso la vettura cominciò a rallentare per noie meccaniche, cosi ne approfittò Vigneri, che negli ultimi 500 metri superò l’avversario e chiuse la corsa in 48’35” 4/5.

Si mordeva le mani Prestigiacomo, che dovette accontentarsi del secondo posto con un distacco di soli tre secondi dal vincitore.

Nella classe delle Lancia Ardea vi fu un monologo del trapanese Giuseppe Di Vita, che coprì il percorso in 36’38”, alla media oraria di km 97,300, riuscendo a doppiare il concittadino Francesco Saltarelli.

Interessante ed incerta fino alla fine, invece, la corsa delle Fiat 1400, che vide protagonisti il trapanese Giuseppe Vultaggio ed i palermitani Beppe Buffa ed Ernesto Dagnino.

Incredibilmente il dualismo dei palermitani favorì il trapanese, che negli ultimi due giri riuscì a prevalere sfruttando gli errori degli avversari.

Vultaggio vinse la gara in 36’05”, alla media di km/h 98,250, battendo sul traguardo Buffa che si piazza così al secondo posto.

Per l’ultima gara, la più attesa, il pubblico riservo gli applausi più scroscianti al trapanese Antonio De Filippo.

Il “via” alle Alfa Romeo 1900 lo diede il colonnello Ciotti.

De Filippo apparve emozionato e la sua partenza non fu molto felice.

Ne approfittava il palermitano Vittorio Giliberti, che si portava in testa alla corsa, tallonato da Domenico Fantauzzo.

A meta gara la vettura di Giliberti accusava qualche fastidio e Fantauzzo, che lo seguiva come un’ombra, lo scavalcava facendo ruggire fortemente il motore della sua fiammante 1900.

Giliberti non ci stava e tento il tutto e per tutto per riagguantare il rivale, il quale vedendo riavvicinare l’avversario pigiò l’acceleratore a tavoletta.

Ormai la corsa era in pugno a Fantauzzo e sportivamente il pubblico trapanese cominciò ad applaudire anche all’indirizzo del palermitano.

Fantauzzo si aggiudico il “1° Circuito di Kinisia” in 32’47” 7/10, alla media occhi di km 110,500.

Alle sue spalle Giliberti la spuntava per una manciata di secondi sul beniamino locale Antonio De Filippo.

Il “2° Circuito di Kinisia” si dispute il 21 giugno 1953 e richiamo ai bordi della pista una folla immensa, ma la scarsa partecipazione di piloti incise molto sul lato tecnico della gara, sicché ne venne fuori una corsa senza mordente.

Lo spettacolo fu ravvivato soltanto a tratti da qualche duello, come quello tra il catanese Musmeci ed il trapanese Minore nella categoria fino a 2000cc.

Fu fonte di stupore l’assenza di quasi tutti i piloti locali: al “via” dello starter c’erano soltanto Naselli, Minore e Sansica.

Gli altri trapanesi giustificarono la propria assenza in quanto a loro dire il percorso era piatto, troppo uniforme, con curve molto ampie e vetture molto diverse anche se di pari cilindrata.

Dunque il circuito di Kinisia nacque in partenza boicottato dagli stessi piloti trapanesi, che invero guardavano ad una corsa su un percorso interamente asfaltato e di natura varia, tant’e che diedero una indicazione ai dirigenti dell’Ac Trapani, indicando una gara che si snodasse lungo i tornanti di Pizzolungo, S. Andrea di Bonagia, Paparella, Trapani: come dire il giro della montagna.

Per ritornare alla corsa di Kinisia possiamo dire che la categoria fino a 750 cc vide l’incontrastato dominio di Mario Salamone su Fiat 500 C, che copri i 75 chilometri in 50’32” alla media oraria di km 89,523.

A contrastare il passo del palermitano ci penso l’agrigentino Gaetano Tropia su Fiat 500 C che si piazza alle sue spalle con un distacco di dieci secondi netti, Terzo il palermitano Francesco Toia, su Renault, con un distacco di 26 secondi.

Nella categoria fino a 1100 cc, eliminato Delfino per guasto meccanico, la vittoria fu facile appannaggio di Nino D’Agata.

Il catanese, su Fiat 100, percorse i 95 chilometri del circuito in 56’03”, alla media oraria di km 100,982; al secondo posto arrivò Clemente Ravetto su Fiat 1100 in 57’43”; terzo Nicola Musmeci su Fiat 1100 in 57’44”; quarto Antonino Di Salvo su Fiat 1100 in 58’07”.

Da rilevare che il giro più veloce in questa categoria fu quello dello sfortunato Delfino, che giro in 2’09”, alla media di 105.

Interessante ed emozionante per i 40.000 spettatori fu invece la corsa delle Alfa Romeo 1900, che vide il trapanese Toto Minore impegnato in un furioso inseguimento di Nicola Musmeci che si trovava in testa. Musmeci vedeva avvicinare Minore ed a questo punto il catanese chiese un maggiore sforzo alla sua vettura.

La stessa cosa fece il trapanese ed a questo punto gli applausi più scroscianti erano proprio per lui.

Al 90′ giro, quando ormai ne mancavano soltanto cinque, sembrava che il miracolo potesse avverarsi.

Minore era alle spalle di Musmeci, il quale sentiva il fiato dell’avversario.

Ma Musumeci non ci stava a farsi superare.

Il duello dei due piloti negli ultimi giri fu entusiasmante e senza colpi bassi.

All’ultimo giro il catanese distanziò di cinque secondi il generosissimo Minore e vinse cosi il” 2° Circuito di Kinisia”.

Il vincitore nel sollevare la Coppa volle accanto a se anche Minore.

Si chiudeva con questa immagine il sipario su una corsa di cui oggi molti protagonisti di allora non ricordano nemmeno I’anno di battesimo: di quella manifestazione hanno soltanto sbiaditi ricordi

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Invité §tri338xF

Stamane da Caltanissetta

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Dal Museo Mineraleologico

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Partenza Giro di Sicilia Motociclistico

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(notare targa PA 5)

 

 

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Invité §bep134Bm

MIMI' LI VOLSI E L'INDIMENTICATO DOTT. CESARE BILLARDELLO, L'OCULISTA CHE PER TANTI ANNI HA VISITATO I PILOTI SICILIANI

 

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Invité §bep134Bm

 

PARLARE DI MOTOCICLISMO E' PROBABILMENTE UNA FORZATURA, MA RITENGO GIUSTO RICORDARE QUELL'ALTRA STAGIONE QUANDO, IN SICILIA, CON LE MOTO SI CORREVA SEMPRE, COMUNQUE E DOVUNQUE .... ANCHE QUANDO NON SI AVEVANO NEPPURE I SOLDI PER LA BENZINA

QUELLO ERA VIVERE !

 

[h3]----------------------------------------[/h3][h3]http://cafesport.blogspot.com/ [...] reale.html[/h3][h3]

[/h3][h3]Ritratti in bianco e nero: Totò Morreale[/h3]

 

Da quando mi sono impegnato nel restauro della Parilla 175 Sport mi è tornato in mente sempre più spesso chi l’aveva resa molto più performante di quanto non fosse in origine: Salvatore Morreale detto Totò.

Era siciliano ma soggiornò per qualche anno qui da noi in Ciociaria.

Le modifiche che aveva apportato risultano evidenti ora che, con l’aiuto indispensabile di Orlando Fusco, ho aperto il motore.

Poche cose ma buone: lucidatura dei condotti di aspirazione e scarico, alesatura del cilindro fino 62 mm ( rendendolo così perfettamente quadro 62x62 mm con cilindrata portata a circa 190 cc ), abbassamento della testata di circa un paio di millimetri, riprofilatura della camma e sostituzione della forcella originale con una Ceriani da 32 mm.

Sono stato a lungo indeciso se lasciare la mia Parilla così come Morreale l’aveva modificata o riportarla alle condizioni originali.

Alla fine ho scelto la prima opzione pur essendo in possesso di tutte le componenti per realizzare la seconda.

Il valore della moto ne avrebbe guadagnato ma io sono un romantico nel senso filosofico del termine.

Bando alle ciance, torniamo a Totò e alla Parilla.

La moto oltre a un sound molto più cupo guadagnò una buona accelerazione e una ventina di chilometri/ora di velocità.

Era un esperto, Totò.

Aveva anche lui una Parilla 175 portata al limite dei 200 cc. di cui sono riuscito a trovare una foto.

Orlando, ducatista da sempre, ricorda che facevano sullo stradone di Alvito delle gare di accelerazione con partenza da fermo sui cento metri che Totò regolarmente vinceva bastonando anche la Ducati 250 di Orlando.

La stessa Ducati con cui Fusco ha corso onorevolmente nel gruppo 5.

Con la stessa Parilla partecipò alla corsa in salita Isola del Liri–Arpino nella classe 250 classificandosi davanti a parecchie Aermacchi Ala d’Oro e Benelli bicilindriche.

Era praticamente nato in officina; a sette anni faceva il garzone e a quattordici aprì la sua prima officina con i proventi della quale si pagava le spese delle corse.

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Il suo vero cognome non era Morreale ma Casamento.

Scelse Morreale quando falsificò i documenti per poter correre senza avere l’età giusta e che poi gli è rimasto appiccicato addosso per sempre.

Fu campione italiano classe 50 cc con la UFO da cui fu poi scaricato per l’età troppo avanzata ( ben oltre i trent’anni ) e passò quindi alla Tomos con la quale però non riuscì a bissare il titolo.

 

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Fu poi meccanico ufficiale Cagiva negli USA e in seguito con la ATK.

Negli anni ’90 abbandonò il mondo del motociclismo per poi rientrarci nel 2007 curando le moto del Team Sicilia Racing e in particolare le promesse dell’enduro siciliano.

Se ne è andato per un attacco di cuore il 15 Aprile 2011 all’età di 73 anni.

 

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Morreale (accosciato) con uno dei punti di riferimento dei motociclisti

ciociari: Enrico Roccatani (il quarto da sinistra)

che un male incurabile si è da poco portato via prematuramente.

 

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Invité §bep134Bm

 

PARLARE DI MOTOCICLISMO E' PROBABILMENTE UNA FORZATURA, MA RITENGO GIUSTO RICORDARE QUELL'ALTRA STAGIONE QUANDO, IN SICILIA, CON LE MOTO SI CORREVA SEMPRE, COMUNQUE E DOVUNQUE .... ANCHE QUANDO NON SI AVEVANO NEPPURE I SOLDI PER LA BENZINA

QUELLO ERA VIVERE !

 

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[h3]----------------------------------------[/h3][h3]http://cafesport.blogspot.com/ [...] reale.html[/h3][h3]

[/h3][h3]Ritratti in bianco e nero: Totò Morreale[/h3]

Da quando mi sono impegnato nel restauro della Parilla 175 Sport mi è tornato in mente sempre più spesso chi l’aveva resa molto più performante di quanto non fosse in origine: Salvatore Morreale detto Totò.

Era siciliano ma soggiornò per qualche anno qui da noi in Ciociaria.

Le modifiche che aveva apportato risultano evidenti ora che, con l’aiuto indispensabile di Orlando Fusco, ho aperto il motore.

Poche cose ma buone: lucidatura dei condotti di aspirazione e scarico, alesatura del cilindro fino 62 mm ( rendendolo così perfettamente quadro 62x62 mm con cilindrata portata a circa 190 cc ), abbassamento della testata di circa un paio di millimetri, riprofilatura della camma e sostituzione della forcella originale con una Ceriani da 32 mm.

Sono stato a lungo indeciso se lasciare la mia Parilla così come Morreale l’aveva modificata o riportarla alle condizioni originali.

Alla fine ho scelto la prima opzione pur essendo in possesso di tutte le componenti per realizzare la seconda.

Il valore della moto ne avrebbe guadagnato ma io sono un romantico nel senso filosofico del termine.

Bando alle ciance, torniamo a Totò e alla Parilla.

La moto oltre a un sound molto più cupo guadagnò una buona accelerazione e una ventina di chilometri/ora di velocità.

Era un esperto, Totò.

Aveva anche lui una Parilla 175 portata al limite dei 200 cc. di cui sono riuscito a trovare una foto.

 

 

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La Parilla 175 ( 200 cc ) di Totò Morreale

 Orlando, ducatista da sempre, ricorda che facevano sullo stradone di Alvito delle gare di accelerazione con partenza da fermo sui cento metri che Totò regolarmente vinceva bastonando anche la Ducati 250 di Orlando.

La stessa Ducati con cui Fusco ha corso onorevolmente nel gruppo 5.

Con la stessa Parilla partecipò alla corsa in salita Isola del Liri–Arpino nella classe 250 classificandosi davanti a parecchie Aermacchi Ala d’Oro e Benelli bicilindriche.

Era praticamente nato in officina; a sette anni faceva il garzone e a quattordici aprì la sua prima officina con i proventi della quale si pagava le spese delle corse.

Toto Morreale bambino.jpg

Il suo vero cognome non era Morreale ma Casamento.

Scelse Morreale quando falsificò i documenti per poter correre senza avere l’età giusta e che poi gli è rimasto appiccicato addosso per sempre.

 

MORREALE 1.jpg

MORREALE 2.jpg

Fu campione italiano classe 50 cc con la UFO da cui fu poi scaricato per l’età troppo avanzata ( ben oltre i trent’anni ) e passò quindi alla Tomos con la quale però non riuscì a bissare il titolo.

Totò Morreale TOMOS.jpg

Fu poi meccanico ufficiale Cagiva negli USA e in seguito con la ATK.

Negli anni ’90 abbandonò il mondo del motociclismo per poi rientrarci nel 2007 curando le moto del Team Sicilia Racing e in particolare le promesse dell’enduro siciliano.

Se ne è andato per un attacco di cuore il 15 Aprile 2011 all’età di 73 anni.

 

MORREALE 3.jpg

 

Morreale (accosciato) con uno dei punti di riferimento dei motociclisti

ciociari: Enrico Roccatani (il quarto da sinistra)

che un male incurabile si è da poco portato via prematuramente.

 

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Invité §tri338xF

Caro Beppe...Quante storie - (per me) - poco conosciute.

Complimenti

 

Una vecchia foto del centauro nisseno Scarantino al Circuito della Favorita del 1936

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Invité §bep134Bm

Caro Beppe...Quante storie - (per me) - poco conosciute.

Complimenti

 

 

 

 

PER FORTUNA CHE C'E' CHI RICORDA LA GRANDIOSITA' DELLA TARGA FLORIO

(dal sito della BUGATTI)

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[h2]BUGATTI A DOMINÉ PENDANT DES ANNÉES LA PLUS GRANDE COURSE AUTOMOBILE DES ANNÉES 1920 .[/h2]

 

 

des légendes sont nées sur ce circuit. pendant longtemps, la targa florio en sicile a été considérée comme la course automobile d’endurance la plus difficile, la plus importante et la plus dangereuse au monde. aujourd'hui, les modèles bugatti nous remettent en mémoire les pilotes d’autrefois.

 

L’entrepreneur sicilien Vincenzo Florio a créé sa propre course sur les routes des Madonies en Sicile, sa région d'origine. C'est ici que se sont tenues, de 1906 à 1977, des courses internationales auxquelles participaient parfois des voitures de sport de renommée internationale. Quiconque remportait la course, pouvait se servir de ces voitures comme instrument de publicité. C’est pourquoi tous les principaux constructeurs de voitures de sport envoyaient leurs voitures en Sicile. De 1925 à 1929, Bugatti dominait la course avec sa Type 35. Entre 1928 et 1929, en particulier, un homme montra ses talents au volant de son véhicule : Albert Divo.

Durant ces deux années à bord de sa Bugatti Type 35 C, il fut imbattable et remporta, après une victoire en 1928, la course de Sicile le 5 mai 1929. De plus, en franchissant la ligne d’arrivée, il établit un nouveau record : l’équipe « Fabrik Bugatti » remportait la victoire pour la cinquième fois consécutive - une première dans l’histoire de la Targa Florio, et une performance qui resta inégalée jusqu’à la fin des dernières courses officielles. Jusqu’à ce jour. L’occasion de faire le bilan.

Et pourtant, la course était loin d’être simple : au début, un tour du « Piccolo circuito delle Madonie » totalisait environ 148 kilomètres. À partir de 1919, l’organisateur réduisit la longueur d’un tour à tout de même 108 kilomètres. Rares furent les coureurs capables de mémoriser le parcours complet dans le sens antihoraire, avec ses quelques 1 400 virages et pièges. Cinq tours atteignaient une longueur totale de 540 kilomètres pour plus de 7 000 virages à passer sur des routes de montagne publiques. Le parcours sinueux menait sur des pistes cahoteuses et poussiéreuses. Bien souvent, du petit bétail traversait la piste. Cela n’avait pas grand-chose de commun avec l’asphalte ultralisse des circuits de Formule 1 modernes. Les équipes pouvaient procéder au ravitaillement en carburant et au remplacement des roues à n’importe quel endroit du circuit, mais un éventuel changement de pilote par un coureur remplaçant nommé pouvait avoir lieu uniquement en fin de tour et en présence d’un directeur sportif.

Plusieurs semaines avant le départ, l’équipe Bugatti se prépara en Sicile où les coureurs étudièrent le tracé du circuit. Bugatti installa sa base à un endroit stratégique situé dans le village de montagne de Polizzi pour pouvoir, de là, atteindre rapidement tous les points du circuit en cas d'urgence.

 

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Invité §bep134Bm

Caro Beppe...Quante storie - (per me) - poco conosciute.

Complimenti

 

MICHELE SCUDERI

 

 

CON QUALE SPIRITO SI ARRIVAVA ALLE CORSE CE LO SPIEGAVA MICHELE SCUDERI, UN SICILIANO CHE HA PARTECIPATO AL TOURIST TROPHY (SCUSATE SE E' POCO) PER DIVENTARE POI IL MAGO DELLA BMW 700.

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ALTRO CHE ISOLA!

 

 

Tratto da Sicilia Motori – Anno V – n. 12 (56) Aprile 1986

Di Giancarlo Felice[h2]La moto nel sangue[/h2]

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Oggi il suo ”regno” è un ampio scan­tinato in un grande palazzo palermitano che fa angolo con via Sicilia e via Brigata Verona. Negli scivoli sono sistemate au­to da riparare o vetture da corse che at­tendono di cimentarsi. Dentro l’officina altre macchine di grossa cilindrata (una Rolls Royce e una Jaguar), sui ponti auto “normali” in riparazione.

La conduzione di questa azienda è fa­miliare. Vi lavorano Michelangelo Scu­deri, il figlio Achille ed il nipote Miche­langelo jr. , come a volere mostrare che, di generazione in generazione, continua la passione per i motori. Ad onor del ve­ro “u zu Michele”, ormai, ha ceduto un po’ le redini al figlio Achille, ma tiene saldamente per sé la consulenza, offre esperienza, consiglia il ”fai questo al posto di quello” perché così il motore andrà meglio.

In camice azzurro, il nostro “campio­ne di ieri” lo troviamo seduto su una vettura, mentre controlla il rombo del motore. Rubiamo, quindi, a Michele Scuderi, un’abbondante oretta per farci raccontare i suoi 74 anni, più precisa­mente gli anni a cavallo tra il 1930 e il 1955, periodo in cui si è cimentato sulle due ruote, non disdegnando qualche ot­tima apparizione sulle quattro ruote.[h4]L’INIZIO IN BICI[/h4]

”I miei trascorsi sono effettivamente – esordisce Michele Scuderi – sulle moto, alle quali arrivai dopo aver corso parecchio in bicicletta, vincendo pure diverse gare in pista ed una Montecuc­cio – Montelepre – Partinico – Monreale ”. Poi cominciai a frequentare l’officina di Nené Cutrano in via Stabile, angolo via Carella. Qui la mia passione per le moto esplose.

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All’interno del circuito della Favorita prima della seconda guerra mondiale a bordo della Velo 7 KTT 350

Le conoscevo nei minimi parti­colari e sapevo cosa ognuna era in grado di poter fornire. Mi cimentai nella pri­ma gara a 18 anni alla guida di una DKW con compressore. Allora si correva all’interno del Parco della Favorita, gra­zie a Vincenzo Florio che aveva realizza­to un circuito di 800 metri, proprio dove oggi c’è il maneggio sotto sequestro. Per i giovani di allora quella pista era uno sfogo, un luogo dove tra l’altro si impa­rava a guidare una moto. Piano piano comincia a vincere altre gare: la Monte­pellegrino, la Catania – Etna, la cosiddetta cravatta di Enna, a Carini. Furono gare che attirarono l’attenzione dei federali palermitani, i quali mi segnalarono a Roma e dopo una dura selezione potei far parte del drappello dei giovani fasci­sti che rappresentarono l’Italia all’estero nelle gare motociclistiche. Ho gareggia­to in Spagna, in Germania, in Gran Bretagna nel Tourist Trophy (1932) do­ve giunsi secondo.”

Nell’officina, accanto all’ufficietto, campeggia una rarità: una Velo KTT 350 cc., targata PA 27, comprata da Mi­chelangelo Scuderi nel 1930 per la “iperbolica” cifra di 12.500 lire. Una rarità che funziona ancora dopo ben 46 anni. Il segreto? È tenuta alla perfezione e mette in moto al primo colpo per por­tare ora a passeggio il suo proprietario.

“Nel ’39 e l’anno successivo – ricor­da ancora – vinsi due Targa Florio su una Sertum 250. Il circuito era sempre quello della Favorita. Si cominciava a gareggiare dalle 8 alle 12 per riprendere dalle 16 sino alla mezzanotte. Gare este­nuanti che costavano, oltreché fatica, anche denaro per lo sciupio dei mezzi, ma soprattutto delle gomme. Per rispar­miare avevamo escogitato il sistema di voltare i pneumatici. In pratica dopo una corsa la spalla di sinistra della gomma era consumata perché il senso del circuito era quello. Per utilizzare le stes­se gomme nella gara successiva si « volta­vano » i copertoni. Ma bisogna pure dire grazie a Vincenzo Florio, il quale com­prendendo i nostri sacrifici, ci incorag­giava rimborsandoci alcune spese”.[h4]LE GARE PER IL “REGIME”[/h4]

D: Il suo momento migliore, quello più vincente, è stato sotto il ventennio, certamente aiutato dal partito. Rim­pianti?

R: “Certo. Non di carattere sportivo, ma sociale. Oggi viviamo in democrazia, ma come ci fa vivere questa democrazia?

Nostalgia: certamente, un poco. Mol­te cose odierne Michele Scuderi non le approva perché dice “l’istituzione è molto più rilassata rispetto a qual­che decennio orsono. Fa poco o nulla, per esempio, per venire incontro ai giovani”.

”Oggi chi possiede una moto – so­tiene il veterano delle due ruote – non ha come sfogarsi. Non c’è un posto a Palermo per gareggiare ed allora la nostra gioventù si sfoga pericolosamente sulla strada dove certamente non impara a portare correttamente questi bestioni. Ai nostri tempi si andava nel circuito della Favorita e lì imparavamo. Si imparava gradualmente, crescendo di cilindrata a poco a poco. Oggi, invece, i nostri nipoti se non hanno quantomeno un 400 sotto le gambe, si sentono « men­omati ». Ma parte della colpa è anche dei padri, i quali pur di accontentare i figli, farebbero qualsiasi cosa e non sanno che un 48 cc, elaborato può raggiungere una velocità di 120 km/h “.[h4]SCUDERI COSTRUTTORE[/h4]

D: Lei è stato capace di classificarsi con una moto, costruita da lei, che era un cocktail di marche.

R: “In una gara del dopoguerra a Reggio Calabria, sul lungomare, scesi in pista con una moto che montava telaio e alberov a camme della Condor, testata e cilin­dro di un motocarro furgone e il carter della Guzzi V. Mi classificai al terzo posto, alle spalle del piacentino Cavacciuti e di un romano, del quale non ricordo il cognome, che guidavano due moto uffic­iali. La soddisfazione per me fu tanta: la mia « americana » praticamente aveva vinto ”.

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Scuderi all’età di 20 anni

D: Che tipo di guida attuava?

“All’inglese. Mi inclinavo cioè con la moto, raggiungendo con essa un angolo a 45 gradi. Qualche anno più tardi iniziammo a sporgere la gamba fuori dalla noto, cosa che ancor oggi mettono in pratica i piloti per chiudere meglio le curve”.

D: Quali erano i suoi avversari più ostici?

“A Palermo Franco De Simone, Ma­rio Gambino e il compianto Pippo Ta­bascio, a livello nazionale i fratelli Pie­tro e Mario Gherzi, il campione italiano Aldrighetti e Cavacciuti”.[h4]AUTO, SECONDO AMORE[/h4]

D: L’amore per la bici e per la moto lo ha completato con quello per le auto.

R: “Non è la stessa passione che ho nu­trito per le moto, ma ho gareggiato an­che in auto, vincendo la classe in un Gi­ro di Sicilia con una 1100 E. Sulle mac­chine mi piace lavorarvi. Ricordo quan­do sulle BMW 700 di Calascibetta adot­tavano piccoli accorgimenti che lo face­vano vincere addirittura dinanzi a piloti che correvano in classi superiori”.

D: Quali erano le marche delle moto nei tempi in cui correva?

R: “Le inglesi Velo 7, Norton, Aies e BSA, la belga Sarolea, la tedesca NSU, le italiane Guzzi e Albatros. Ma la mi­gliore rimane la Rondine che Benito Mussolini fece progettare all’ing. Piero Taruffi. Una quattro cilindri ad aria che debuttò vittoriosamente a Tripoli alla guida dello stesso progettista, il quale precedette Amilcare Rossetti alla guida di un ‘altra Rondine. Mussolini volle una moto che si imponesse all’attenzione internazionale e Taruffi la costruì. Quello stesso telaio e motore successi­vamente si chiamò Gilera e poi MV Au­gusta”.

Michele Scuderi era il beniamino del­le folle, ma anche di Vincenzo Florio. Elegante nella conduzione della moto, sfoggiava un casco inglese, il TT, che lo contraddistingueva dagli altri piloti.

D: A proposito di caschi, l’obbligato­rietà come la vede?

R: ”È certamente una buona cosa, ma la legge è troppo rigida ed in molti casi chi è preposto non la fa rispettare. È troppo rigida in quanto il casco è obbligatorio anche dentro la città dove esiste una ve­locità obbligatoria massima che, se os­servata, anche se si cade, non produce effetti mortali. Da quando è entrata in vigore la legge poi molti motociclisti usano portare ti casco non in testa, ma all’avambraccio. E nessuna li contravvenziona. Se la legge esiste bisogna farla rispettare. A questo punto sarebbe me­glio correggerla, o meglio migliorarla. In città senza casco, fuori obbligo ad in­dossarlo. Credetemi che in estate porta­re ti casco è veramente un supplizio!”.[h4]GLI EUROPEI I MIGLIORI[/h4]

D: Che differenza passa tra le moto di ie­ri e quelle di oggi?

R: “Meccanicamente nessuna. Piccoli accorgimenti e basta. Sul piano del pe­so, invece, moltissima: oggi le leghe so­no ultraleggere, più perfezionate, più raffinate, la moto quindi si presenta più elegante. I giapponesi poi hanno copia­to le moto europee ed hanno invaso il mercato, ma rimaniamo sempre i migliori”.

D: Qual è oggi il suo rapporto con le moto?

”Quello solo di farci ogni tanto qual­che passeggiata. Mi verrebbe voglia di aprire la manetta del gas, ma penso che non ho più l’età. Perché per guidare un « bestione » bisogna essere allenati fisica­mente e soprattutto avere i riflessi pron­tissimi. Che senso ha vedere i giovani ti­rare la frizione e dare gas, per impen­narsi? Pochissimi sanno fare questo « nu­mero » senza che accada nulla, moltissi­mi invece lo fanno ma prima o dopo ca­dranno, senza avere imparato a governa­re il mezzo. Il segreto nelle cadute sta nel gettarsi e non seguire la moto. I dan­ni saranno sempre inferiori”.

D Se dovesse “aggettivare” i suoi compagni di allora.

R: “Spericolati: Ciccio De Simone e Va­lerio Campione. Sfortunato: Aurelio Sanzo. Fortunato: io, Michele Scuderi. Calcolatore: Pino Aiello. Audace: Nino Corona. Incompetente: ve ne era uno, ma non ricordo il cognome, che vuole … l’età”.

L’intervista finisce, Michele Scuderi non si sente in giornata. Ci sono giorni in cui i ricordi sono perfettamente niti­di, altri meno. L’esperienza di sette an­ni e 12 giorni, impegnato nella seconda guerra mondiale, lo tormentano ancora oggi. Girò tutti i fronti, finì prigioniero a Berlino.

Al rientro l’unica cosa che rimaneva ancora viva era la passione per i motori.

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Invité §bep134Bm

 

ADA PACE

 

 

 

Pubblicato il 15 Novembre 2016 ore 16:30

 

 

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È mancata lunedì notte all’ospedale di Rivoli all’età di 92 anni, Ada Pace, leggendaria pilota torinese dominatrice delle gare automobilistiche tra gli anni ’50 e ’60, nome di battaglia “Sayonara”, il classico arrivederci in giapponese che dedicava dopo i sorpassi: “Gli uomini la prendevano malissimo – spiegava Ada Pace in un’intervista del 1990 alla rivista “Ruoteclassiche”la loro reazione più comune era il reclamo: non si poteva credere che avessi vinto davvero, senza trucchi o finzioni. Ad una gara fu “testata” persino la composizione della benzina che avevo usato!”. Esemplare fu il caso della vittoria alla Coppa d’Oro Aci a Modena, nel 1960. “Avevo vinto, e partecipai da sola alla cerimonia della premiazione perché il secondo e il terzo classificato semplicemente si rifiutarono di venire premiati, soprattutto dopo una donna”. Ada Pace ha conquistato 11 titoli italiani, partecipando alle gare più importanti: Mille Miglia, la Targa Florio, la 12 Ore di Monza, il rally di Sestriere e correndo con tutti i principali marchi dell’automobilismo italiano, fa Alfa Romeo, Orca, Maserati fino alla Ferrari, cimentandosi anche in Formula 1 senza successo.

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Ada Pace era nata a Torino il 16 febbraio 1924. Figlia di un artigiano torinese, iniziò giovanissima a frequentare gli ambienti sportivi, praticando la pallacanestro e, in seguito, gare di atletica e tiro a segno. Scoprì la sua passione per i motori e la velocità nell’immediato dopoguerra quando, in sella ad una “Vespa”, partecipò alle gare monomarca organizzate dal “Vespa Club”, negli anni 1947-48. In quel periodo primeggiava continuamente, tanto da indurre la dirigenza Piaggio a prenderla in squadra ed affidarle una moto ufficiale. Per i colori della casa di Pontedera, si cimentò in varie competizioni, compresa la “Sei Giorni” e la “Mille Chilometri”, con risultati incoraggianti. Nel 1950 iniziò a partecipare anche a qualche gara automobilistica, con la scarsa incisività dovuta alla poca esperienza e, soprattutto, alla mancanza di mezzi competitivi, ma si rifece con le vittorie in “Vespa”, che le consentirono di conquistare il Trofeo Nazionale Gincane nel 1953, nel 1954 e nel 1956. La sua carriera di pilota sembrava destinata a restare nell’ambito delle “due ruote” finché, il 21 aprile 1951, si presentò alla partenza della “Torino – San Remo” alla guida di una anzianotta, ma finalmente competitiva, “Fiat 1500 6C”: vince contro ogni pronostico, gettando nel panico gli organizzatori e, nondimeno, la propria famiglia.

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Gara dopo gara, Ada Pace divenne una “testa di serie” dalla quale, passato il momento di sorpresa, molti colleghi maschi mal sopportavano d’essere battuti. Ogni volta che la “corridrice” si affacciava sul podio, veniva regolarmente sommersa dai “reclami ufficiali” dei piloti giunti alle sue spalle che, almeno in un caso, sfociarono in un procedimento giudiziario. Al Circuito di Modena, dove vinse nella Coppa d’Oro ACI del 1960, non vennero presentati reclami, ma il secondo ed il terzo classificati disertarono l’importante premiazione, rifiutandosi di salire sul podio in posizioni inferiori a quella di una donna. In breve tempo, “Sayonara” fu il soprannome con cui tutti la chiamavano nell’ambiente delle corse e la Pace lo utilizzò anche come pseudonimo ufficiale per l’iscrizione alle gare; possibilità all’epoca concessa dal regolamento. Ad esempio, è nella corsa in salita Aosta-Pila del 1959 che partecipò alla categoria Gran Turismo come “Sayonara” a bordo di una “Alfa Romeo Giulietta Sprint Veloce”, per poi tornare al parco chiuso e ripartire nella categoria Sport, come Ada Pace, a bordo di una “Osca 1100 Sport”, vincendo la gara e stabilendo il nuovo record del tracciato. Tale duplice partecipazione si verificò varie volte nelle stagioni 1959 e 1960, durante le quali la Pace aveva due vetture a disposizione.

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Divennero estimatori di Ada Pace molti “mostri sacri” dell’automobilismo come Elio Zagato, Enzo Ferrari, Piero Taruffi e i fratelli Maserati. Nel 1959 Ada Pace vinse la Trieste-Opicina e, nel 1960, la “Targa Florio” (categoria 1100 sport), a bordo di un’OSCA-Maserati. L’anno seguente, con la stessa vettura, gareggiò nella cronoscalata Stallavena-Boscochiesanuova, aggiudicandosi la categoria Sport e segnando un record rimasto imbattuto. Durante la stagione venne ingaggiata dalla “squadra del Portello” e partecipò, con le “Giulietta SZ” ufficiali, a numerose gare. Nel 1963, fu tra i primi piloti a portare il celebre “triangolo azzurro” cucito sulla tuta. Con la “SZ” di sua proprietà aveva già dato buona prova conquistando la piazza d’onore nel Rallye del Sestriere del 1959 ed è con una delle “SZ” ufficiali, alla “12 ore di Monza” del 1961, dove accadde l’incidente più spettacolare della carriera. Sempre nel 1961, acquistò una Lotus Eleven-OSCA, partecipando a varie competizioni riservate alle sport-prototipo, come la 4 Ore di Pescara, sotto i colori della Milano Racing Club. A fine stagione vendette la Lotus-OSCA, per 3 milioni di Lire a un giovane aspirante pilota, futuro fondatore della Osella Corse. Dopo la stagione 1964, avara di successi, il 27 febbraio 1965 partecipa al 5º Rally dei Fiori, durante il quale si schianta contro un autocarro che transita in senso contrario sul percorso di gara, nell’entroterra di Borghetto Santo Spirito. Esce illesa dall’incidente che segna il suo definitivo ritiro dalle corse.

FP | Antonio Azzano

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