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Histoires du sport automobile

I PILOTI DELLA TARGA FLORIO


Invité §ami463nV
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Invité §ran085xF

Andrea De Adamich

 

444555866_Senzanome.JPG95..jpg.e20892e94fb9a08dd3c1f859974de69a.jpgAndrea De Adamich (Trieste, 3 ottobre 1941) è un ex pilota automobilistico, giornalista e conduttore televisivo italiano.

 

Debuttò nel 1962 al volante di una Triumph TR3. Capace di una fulminea carriera diventò campione europeo per vetture turismo con l'Alfa Romeo nel 1966 e nel 1967, oltre che campione italiano di Formula 3 nel 1965. Passò sulle monoposto vincendo la Temporada, in Argentina, su una Ferrari di Formula 2. Debuttò in Formula 1 nel Gran Premio di Spagna (non valido per il mondiale) del 1967, giungendo quarto con una Ferrari. Era iscritto anche al Gran Premio d'Italia con una Cooper-Maserati della Scuderia Filippinetti, ma non vi partecipò.

 

Nel 1968 corse il suo primo Gran Premio valido per il mondiale, il Gran Premio del Sud Africa, sempre con la Ferrari. Un incidente lo bloccò dopo che era partito settimo.

 

Tornò su una Formula 1 nel 1970 al volante di una McLaren motorizzata Alfa Romeo. Questo segnò il ritorno dei motori della casa del biscione dopo molti anni di assenza dalle corse. L'anno successivo passò a guidare una March, sempre con motore Alfa Romeo, un'accoppiata non molto riuscita che ne determinò risultati poco confortanti.

 

Nel 1972 corse su una Surtees-Ford con la quale ottenne il suo migliore risultato della carriera nel mondiale: quarto in Spagna. La sua carriera venne interrotta da un grave incidente (che coinvolse più piloti, senza gravi conseguenze) al Gran Premio di Gran Bretagna del 1973, al volante di una Brabham. In quell'occasione, il pilota triestino riportò numerose ferite alle gambe e rimase intrappolato nella vettura per diversi minuti. Nella stagione era riuscito a conquistare un altro quarto posto, nel Gran Premio del Belgio.

 

Abbandonata l'attività sportiva diventò apprezzato giornalista del settore. A lui furono affidate le telecronache dei gran premi per il gruppo Fininvest che aveva acquistato i diritti di trasmissione per il periodo 1991-1996. Attualmente conduce su Italia 1 la trasmissione sportiva Grand Prix.

 

Dal 1990 è direttore del Centro Internazionale Guida Sicura a Varano de Melegari (PR), dove risiede, a pochi passi dall'autodromo R. Paletti; non è difficile trovarlo in giro per i paddock nella giornata o in giro per la città.

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Invité §ami463nV

Il "GRANDE" ...... era Lui ..... TAZIO NUVOLARI ....

 

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Targa Florio 1932 ...... quel Nuvolari raccontato da Enzo Ferrari .....

 

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“ .... Cinque anni dopo Tazio Nuvolari entrò nella Scuderia Ferrari, della quale doveva divenire in breve il portabandiera. Già allora era quell’uomo spiccio e caustico che in seguito pochi amici poterono conoscere nell’intimo.

 

Ricordo una Targa Florio, nel 1932, quella che doveva vedere un suo memorabile trionfo, permettendogli di stabilire un primato che soltanto vent’anni dopo, nel ’52, sarebbe stato superato. Alla partenza da Modena, nel salutarlo, gli dissi che gli avevo fatto prendere il biglietto di andata e ritorno. Mi rispose: “Dicono tanti che sei un bravo amministratore, ma mi accorgo che non è vero. Dovevi farmi prendere solo il biglietto di andata, perchè quando si parte per una corsa bisogna prevedere la possibilità di tornare in un baule di legno”.

 

Mi aveva chiesto, per quella spedizione in Sicilia, un meccanico che pesasse poco, come Lui, e magari anche meno. Si sa che la Targa Florio, come la Mille Miglia di allora, si doveva correre in coppia. Così gli presentai Paride Mambelli, un adolescente forlivese che mi aveva proposto Gigione Arcangeli.

 

Tazio guardò il ragazzo, gli chiese se avesse paura di fare la corsa al suo fianco, infine lo consigliò di stare attento alle sua grida ch’egli avrebbe lanciato ogni volta gli toccasse d’abbordare una curva troppo forte, così da prevedere un’uscita di strada. A ogni suo grido, Paride avrebbe dovuto buttarsi sotto il cruscotto, perchè la centina di sostegno potesse proteggerlo in caso di capovolgimento.

 

Al ritorno da Palermo, chiesi a Paride com’era andata, ed egli candidamente rispose: “Nuvolari ha cominciato a gridare alla prima curva e ha finito all’ultima. Così sono rimasto rannicchiato di sotto per tutta la gara”.

 

Un altro episodio di Targa Florio mi ricorda un aspetto poco noto del grande campione: un Nuvolari patito ed imprevedibile. Era in allenamento con Campari, gli faceva da passeggero. A una curva trovarono del brecciolino gettato sul catrame fresco, slittarono, e uscirono di strada. Campari fece in tempo a gettarsi fuori. Nuvolari precipitò con la macchina per una scarpata profonda una trentina di metri.

 

Dopo il tonfo, un silenzio pauroso. Campari , illeso, si mise a gridare : “Tazio, Tazio !”, calandosi fra i sassi e cespugli. Quel silenzio lo metteva in orgasmo. Arrivò sino in fondo, guardò nella macchina sconquassata: Tazio non c’era. “Tazio, in dov’è che te set ?”, gridò disperato. E l’omarino spuntò, finalmente, dall’erba medica, col dito sul labbro per imporgli il silenzio: “Zitto” disse “che c’è un nido di quaglie, e i quagliotti appena nati. Vieni a vedere”. Non aveva dimenticato di essere la più celebrata doppietta del paese ... “.

 

( racconto tratto da : “Le briglie del successo” di Enzo Ferrari - volume stampato il 30.11.74 nelle Officine Grafiche ARBE di Modena - edizione speciale, facente parte di una tiratura numerata, non in vendita - dono personale di Enzo Ferrari)

 

La foto proposta fissa una meravigliosa Floriopoli del 1932. Il documento fotografico si trova a pagina n.85 del cennato volume del grande “Drake”, e così si legge a margine della foto: “L’Alfa di Nuvolari-Mambelli al traguardo della Targa Florio 1932: 526 chilometri in 7 ore 15’ 50’’ 3/10, alla media oraria di chilometri 79,297; giro più veloce in 52’ 56’’3/10, media chilometri orari 81,601 “.

 

* * *

 

Qualche anno dopo ..... nel 1950, Lui era sempre un "Grande" ma erano ormai palesi i suoi problemi fisici , a quel Giro di Sicilia .......

 

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I racconti delle epiche gesta di Nuvolari alla Targa Florio del 1932 stanno, insieme ad altri, sul sito

 

www.amicidellatargaflorio.com

 

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Invité §bep134Bm

Il "GRANDE" ...... era Lui ..... TAZIO NUVOLARI ....

 

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Targa Florio 1932 ...... quel Nuvolari raccontato da Enzo Ferrari .....

 

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“ .... Cinque anni dopo Tazio Nuvolari entrò nella Scuderia Ferrari, della quale doveva divenire in breve il portabandiera. Già allora era quell’uomo spiccio e caustico che in seguito pochi amici poterono conoscere nell’intimo.

 

 

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SUL FORUM "TARGA FLORIO" HO LETTO L'ACCORDO SOTTOSCRITTO DA NUVOLARI PER PARTECIPARE AL GIRO DI SICILIA ED ALLA MONTE PELLEGRINO.

 

IL DOCUMENTO E' CERTAMENTE IMPORTANTE.

 

QUALCOSA MI DICE CHE TORNEREMO A RIPARLARNE.

 

beppe

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Invité §ami463nV

Targa Florio 1972 - Jürgen Barth - Michael Keyser / Porsche Club Romand - Porsche Club of America

 

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Foto concesse da Michael Keyser pilota Targa Florio 1972....arrivate dal Maryland ( USA )

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Invité §ami463nV

Tazio Nuvolari..........la storia continua

 

Il piccolo Tazio

Tazio Giorgio Nuvolari nasce a Castel d'Ario, provincia di Mantova, mercoledì 16 novembre 1892, verso le 9 di mattina. È il quarto figlio di Arturo Nuvolari (1863-1938), agricoltore non ricchissimo ma benestante, e di sua moglie Elisa Zorzi, donna di casa, di origine trentina (1864-1943). Ragazzo vivacissimo e poco incline allo studio, è attratto dal dinamismo delle discipline sportive. Il padre è un ciclista con all'attivo più di un'affermazione; il fratello di questi, Giuseppe, è addirittura un asso: più volte campione italiano, si cimenta con successo anche all'estero nella velocità su pista e nelle primissime gare di mezzofondo dietro motori. Il piccolo Tazio proverà per lo zio Giuseppe molto affetto e un'ammirazione sconfinata, destinata a suscitare un fortissimo impulso di emulazione.

 

Lo spettacolo della velocità

Il 5 settembre 1904 assiste per la prima volta a una corsa automobilistica, il Circuito di Brescia, che si disputa su un tracciato stradale che tocca anche Cremona e Mantova. Tazio vede in azione Vincenzo Lancia, Nazzaro, Cagno, Hémery, Duray, gli assi dell'epoca, e rimane fortemente impressionato, affascinato dallo spettacolo della velocità.

 

La prima moto

Tra il 1904 e il 1905 sono databili altri due episodi destinati a lasciare tracce indelebili nella sua personalità. Un giorno lo zio Giuseppe lo fa sedere in sella a una motocicletta e gli insegna a guidarla. Una notte Tazio avvia di nascosto l'auto del padre, parte e percorre un tratto di strada rischiarata dalla luna, tornando poco dopo, incolume e con la vettura intatta. «Avrò avuto tredici anni», racconterà. «A quanto andavo? A non più di trenta...»

 

"L'automobile non fa per te "

Passano gli anni e scoppia la prima guerra mondiale. Tazio, che ha prestato il servizio di leva fra il 1912 e il 1913, è richiamato alle armi come "autiere". Guida autoambulanze della Croce Rossa, camion e vetture che trasportano gli ufficiali, tra le prime linee e le retrovie del fronte orientale. È proprio con un ufficiale – un colonnello, sembra – che un giorno Tazio finisce fuori strada. E oltre al «cicchetto» di prammatica riceve uno storico ammonimento: « Dammi retta, lascia perdere, l'automobile non fa per te ».

 

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Il matrimonio

Il 10 novembre 1917, a Milano, sposa Carolina Perina (1894-1981), con rito civile, dopo averla «rapita consensualmente». Il 14 settembre 1918 nasce il loro primogenito, Giorgio.

 

Le prime corse

La febbre agonistica torna a divorare il giovanotto di Castel d'Ario, che tuttavia soltanto nel 1920, a ventotto anni, ottiene la licenza di corridore motociclista e il 20 giugno di quell'anno esordisce al Circuito Internazionale Motociclistico di Cremona. Iscritto con il suo secondo nome, Giorgio, è in sella a una Della Ferrera ed è costretto ad abbandonare per un guasto dopo avere percorso pochi giri. La prima gara in auto la disputa invece il 20 marzo 1921, a Verona, alla guida di una Ansaldo Tipo 4 cs. E ottiene la sua prima vittoria. Si tratta di una competizione regolaristica (la Coppa Veronese di Regolarità) ma, per cominciare, non c'è male. Con la stessa vettura Tazio prende il via altre tre volte nel 1921, ottenendo due piazzamenti e un ritiro.

Attività modesta anche nel 1922, l'anno in cui si trasferisce con la moglie e il figlio da Castel d'Ario a Mantova: tre corse in moto – a quanto è dato sapere – e una sola in auto, il Circuito del Garda, a Salò, con un secondo posto assoluto, ancora alla guida di un'Ansaldo.

 

Pilota professionista

È nel 1923 – ossia a trentun anni – che Tazio incomincia a correre con assiduità. Fra marzo e novembre prende la partenza 28 volte, 24 in moto e 4 in auto. Non è più, dunque, un gentleman driver, bensì un pilota professionista. In moto è la rivelazione dell'anno. In auto alterna piazzamenti e abbandoni ma non manca di farsi notare, se non con la Diatto, certo con l'agile Chiribiri Tipo Monza.

 

Il primo incontro con Enzo Ferrari

L'attività motociclistica predomina anche nel 1924: 18 risultati, contro 5 in auto. Questi 5 sono tuttavia ottimi: c'è la sua prima vittoria assoluta (Circuito Golfo del Tigullio, 13 aprile) e ce ne sono quattro di classe. In Liguria corre con una Bianchi Tipo 18 (4 cilindri, due litri di cilindrata, distribuzione bialbero); nelle altre gare, ancora con la Chiribiri Tipo Monza. Tazio è alla guida di questa vettura quando per la prima volta si batte con un avversario destinato a un grande avvenire, anche se non come pilota. È un modenese grande e grosso. Si chiama Enzo Ferrari. « Il mio primo incontro con Nuvolari », scriverà nelle sue memorie, « risale al 1924. Fu davanti alla Basilica di Sant'Apollinare in Classe, sulla strada ravennate, dove avevano sistemato i box per il secondo Circuito del Savio. Alla partenza, ricordo, non avevo dato troppo credito a quel magrolino, ma durante la corsa mi avvidi che era l'unico concorrente in grado di minacciare la mia marcia. Io ero sull'Alfa 3 litri, lui su una Chiribiri (la cui cilindrata era di 1486 cm cubici contro i 2994 della RL Sport di Ferrari, ndr) . E in quest'ordine tagliammo il traguardo. La medesima classifica si ripeté poche settimane dopo al Circuito del Polesine...» .

 

1925, soprattutto moto

E arriva il 1925, anno in cui Tazio corre soltanto in moto, ma con un «intermezzo» automobilistico tutt'altro che insignificante. L'1 settembre, invitato dall'Alfa Romeo, prende parte a una sessione di prove a Monza, alla guida della famosa P2, la monoposto progettata da Vittorio Jano che fin dal suo apparire, nel 1924, ha dominato la scena internazionale. L'Alfa cerca un pilota con cui sostituire Antonio Ascari che poco più di un mese prima si è ucciso in un incidente nel G.P. di Francia, a Montlhéry. Per nulla intimidito, Nuvolari percorre cinque giri a medie sempre più elevate, rivelandosi più veloce di Campari e Marinoni e avvicinando il record stabilito da Ascari l'anno prima. Poi, al sesto giro, incappa in una rovinosa uscita di pista. « Le gomme erano quasi a zero », spiegherà Tazio, « e a un certo punto mi si disinnestò la marcia ». La macchina è danneggiata, il pilota è seriamente ferito, ma dodici giorni più tardi, ancora dolorante, torna a Monza, si fa imbottire di feltro e bendare con una fasciatura rigida, si fa mettere in sella alla fida Bianchi 350 e vince il G.P. delle Nazioni!

 

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La "freccia celeste"

Anche il 1926 è interamente consacrato alla moto, la Bianchi 350, la leggendaria «Freccia Celeste» con la quale Tazio vince tutto ciò che c'è da vincere. Subisce anche tre incidenti, il primo dei quali sul circuito della Solitude, vicino a Stoccarda. Dopo un'uscita di pista a causa della nebbia, è raccolto privo di sensi, minaccia di commozione cerebrale, sospette fratture, choc traumatico. All'indomani sospetti e pericoli sono ridimensionati e Tazio riparte in treno per l'Italia, incontrando al confine un dirigente della Bianchi che sta recandosi a Stoccarda per rendersi conto esattamente dell'accaduto: le prime notizie, in effetti, erano molto allarmanti, un telegramma del console italiano esprimeva preoccupazione e pare inoltre che un giornale tedesco della sera fosse addirittura uscito con la notizia della morte del pilota...

 

Il campionissimo delle due ruote

La sua popolarità è ormai molto vasta. Lo chiamano «il campionissimo» delle due ruote. Ma l'automobile non gli esce dal cuore. E ci riprova, implacabile, nel 1927, anno in cui con una Bianchi Tipo 20 disputa la prima edizione della Mille Miglia arrivando buon decimo assoluto. Ma acquista anche una Bugatti 35 e vince il G.P. Reale di Roma e il Circuito del Garda.

 

La Scuderia Nuvolari

È nell'inverno tra il 1927 e il 1928 che Tazio decide di puntare con piena determinazione sull'automobile. Fonda a Mantova la Scuderia Nuvolari, compra quattro Bugatti grand prix e ne rivende due, una ad Achille Varzi (già fiero rivale in corsa, su due ruote, ma anche amico) e una a Cesare Pastore. L'11 marzo 1928 – nove giorni dopo la nascita del suo secondo figlio, Alberto – Tazio vince il G.P. di Tripoli: è questo il suo primo grande successo internazionale. Vince anche il Circuito del Pozzo, a Verona, battendo il grande Pietro Bordino. Questi malauguratamente perde la vita pochi giorni dopo, in un incidente di allenamento in vista del Circuito di Alessandria, la sua città. Nuvolari va ad Alessandria e disputa la corsa, che è stata intitolata a Bordino, del quale onora la memoria a modo suo, cioè vincendo.

 

La rottura con Varzi

Ma non tutto è così facile. Al contrario, Nuvolari vive il periodo forse più problematico della sua vita o, quanto meno, della sua «carriera» di corridore. L'attività agonistica gestita in proprio è onerosa, l'accordo con Varzi salta ben presto (due galli troppo ingombranti per quel piccolo «pollaio»...). Tazio si arrabatta come può. Alterna freneticamente l'auto alla moto, fra una corsa e l'altra commercia in automobili: vende Bianchi, Scat, Alfa Romeo e Lancia. Cambia spesso macchina anche in corsa: Bugatti 35C, OM 665 Speciale, Alfa Romeo 6C 1750 SS, Talbot 1500. Ma i successi alla fine sono scarsi: il 1929 è proprio un anno da dimenticare, eccetto che per le due ruote: con l'inseparabile Bianchi, infatti, partecipa a 11 corse e ne vince 7.

 

L'anno della svolta

La svolta storica è datata 1930. L'Alfa Romeo, dopo il disastroso «provino» di Monza, per cinque anni non lo aveva più preso in considerazione, ma Vittorio Jano non l'aveva certo perduto di vista. Lo contatta e gli offre una macchina ufficiale della Casa, una 6C 1750 GS «testa fissa» per la Mille Miglia. Tazio fa impazzire mezza Italia: vince la grande corsa ed è il primo pilota che percorre i 1600 chilometri del tracciato a oltre 100 di media. La corsa fu ed è tuttora ricordata per un episodio curioso, la cui veridicità è stata vanamente contestata: Nuvolari avrebbe raggiunto il suo grande rivale Varzi, partito dieci minuti prima di lui, guidando negli ultimi chilometri a fari spenti. A spegnerli sarebbe stato il suo coéquipier Giovan Battista Guidotti, il quale ripeté poi questo racconto in una quantità di interviste, incurante delle obiezioni, prima fra tutte quella che il sorpasso avvenne a giorno fatto. Lo stesso Nuvolari, del resto - il quale sapeva bene che la leggenda a volte «vale» più della storia - non smentì mai l'aneddoto.

 

La Ferrari, l'addio alla moto

In quello stesso 1930 Tazio entra a far parte della neonata Scuderia Ferrari e le regala la prima vittoria, nella Trieste-Opicina, con l'Alfa Romeo P2. Si afferma anche in altre due importanti corse in salita (Cuneo-Colle della Maddalena e Vittorio Veneto-Cansiglio, sempre con la P2), poi torna sulla 1750 GS e va a vincere il Tourist Trophy sul circuito di Ards, Irlanda del Nord. E dà l'addio alla moto, non senza cogliere gli ultimi quattro successi fra cui, per la seconda volta, l'«assoluto» nel prediletto Circuito del Lario, con la Bianchi 350 davanti anche a tutte le 500.

 

Bugatti e Alfa

Delle venti corse del 1931, Nuvolari ne disputa una (il Reale Premio di Roma) con la vecchia Bugatti 35C, tutte le altre con le Alfa Romeo della Scuderia Ferrari: la 6C 1500 SS, la Tipo A bimotore, ma soprattutto la 8C 2300, nelle versioni spider corsa passo corto e Monza. Fra le sette vittorie assolute spiccano la Targa Florio, il G.P. d'Italia, la Coppa Ciano.

 

1932, una stagione trionfale

L'anno forse più felice per Tazio è il 1932. Il «mantovano volante» - lo chiamano così, un po' dovunque - è protagonista di una stagione trionfale. Questo il bilancio: 16 corse disputate, 7 vittorie assolute (nonché 5 di classe): G.P. di Monaco, Targa Florio, G.P. d'Italia, G.P. di Francia, Circuito di Avellino, Coppa Ciano, Coppa Acerbo. E inoltre: 3 secondi posti, 3 terzi, 1 quarto, 1 sesto e 1 ritiro (nella Mille Miglia, per un incidente). È campione italiano assoluto e primo nel Campionato Automobilistico Internazionale, basato sui G.P. d'Italia, Francia e Germania. Le macchine sono tutte Alfa Romeo, tutte 8 cilindri sovralimentate: la 8C 2300 spider corsa passo corto, la 8C 2300 MM, la Tipo B monoposto, detta P3.

 

D'Annunzio e la tartaruga

La popolarità di Tazio è straripante. I «grandi» dell'epoca se lo contendono. Il 28 aprile, undici giorni dopo il trionfo di Montecarlo, Gabriele D'Annunzio lo riceve al Vittoriale e gli regala una piccola tartaruga d'oro («all'uomo più veloce l'animale più lento») che Tazio considererà un amuleto ma anche un simbolo. La appunterà alla maglia gialla in corsa, la farà stampare sulla carta da lettere, dipingere sulla fiancata del suo aereo personale e anche riprodurre in alcune copie che - esattamente alla maniera di D'Annunzio - regalerà agli amici, alle persone care o «importanti».

 

Nuvolari e il Duce

A questo punto Mussolini non vuol essere da meno. Dopo il successo di Nuvolari nella Coppa Acerbo, lo invita a Roma, lo riceve a Villa Torlonia e non si sottrae alla tentazione di posare per i fotografi al volante della vittoriosa Alfa Romeo P3 numero 8.

 

Il divorzio dalla Ferrari

Ancora più ricco di vittorie (undici!) è il 1933, che peraltro non è privo di contrarietà. Dopo avere infilato una serie di magnifiche affermazioni (G.P. di Tunisi, Mille Miglia, Circuito di Alessandria, Eifelrennen, G.P. di Nîmes e 24 Ore di Le Mans in coppia con Raymond Sommer), Nuvolari «divorzia» clamorosamente dalla Scuderia Ferrari. È convinto che mettendosi «in proprio» disporrà di vetture migliori e guadagnerà di più.

 

Con la Maserati - modificata e adattata secondo le sue istruzioni dal suo meccanico personale Decimo Compagnoni - vince il G.P. del Belgio, la Coppa Ciano e il G.P. di Nizza. Poi chiude la stagione con un brutto incidente, a San Sebastiano. Cinque i tipi di vettura guidati in gara nel corso dell'annata: Alfa Romeo 8C 2300 spider corsa passo corto, Alfa Romeo 8C 2300 Le Mans, 8C 2600 Monza, Maserati 8CM. Tazio guidò anche una MG Magnette K3 che gli fu messa a disposizione per il Tourist Trophy. Inutile dire che... si fece un preciso dovere di vincere.

 

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L'incidente di Alessandria

Con il 1934 la formula dei Gran Premi cambia radicalmente: viene fissato un peso limite di 750 kg che, nelle intenzioni dell'autorità sportiva internazionale, dovrebbe bloccare o rallentare la pericolosa escalation delle potenze dei motori. Ma avverrà proprio il contrario. I costruttori tedeschi - la Mercedes-Benz e la neonata Auto Union - entrano in scena e ben presto stabiliscono un dominio che diventerà schiacciante. Nuvolari, oltre a «fare squadra» a sé e quindi a disporre pur sempre di mezzi limitati e di macchine non sempre competitive, deve anche fare i conti con la sorte che sembra avergli voltato le spalle. Ad Alessandria, il 22 aprile, subisce uno dei più gravi fra i suoi incidenti di corsa. Con il consueto stoicismo, è di nuovo in pista poco più di un mese dopo e arriva quinto nella Corsa dell'Avus con la gamba sinistra semibloccata da una fasciatura rigida. Si trascina da un circuito all'altro, collezionando ritiri (a fine anno saranno 9 su 23 partecipazioni) e modesti piazzamenti. Si riprende verso il termine della stagione, tornando a vincere, a Modena e a Napoli. Le macchine sono di ben quattro tipi: Bugatti 59, Maserati 8CM, Maserati 6C34, Alfa Romeo (naturalmente privata), 8C 2300 sport.

 

La "pace" con Ferrari

Verso la fine del 1934 Nuvolari è in trattative per passare alla Auto Union. Non è un mistero che i dirigenti della Casa tedesca, in settembre, gli hanno fatto provare la loro 16 cilindri Tipo A a motore posteriore in un paio di occasioni: durante le prove del G.P. di Spagna, sul circuito Lasarte di San Sebastiano, e in quelle del Circuito Masaryk, a Brno. Ma qualcuno fra i piloti della Casa dei quattro anelli (Stuck?) si oppone all'ingaggio di Tazio e il «fidanzamento» è rotto, le «nozze» rinviate. La Auto Union assume Achille Varzi. Il «mantovano volante» fa la pace con Enzo Ferrari e nel 1935 torna a difendere i colori della Scuderia. Vince subito a Pau, con l'Alfa Romeo Tipo B detta P3, indi a Bergamo, a Biella e a Torino con una versione della P3 potenziata e modificata dalla stessa Scuderia Ferrari.

 

La vittoria "impossibile" al G.P. di Germania

Ma l'impresa più grande la compie nel G.P. di Germania. È al volante della P3 (3167 cm cubi, compressore, 265 CV), obsoleta e, sulla carta, nettamente inferiore alle nove vetture dei due formidabili squadroni di casa: la Mercedes-Benz schiera cinque W25 (3990 cm cubi, 8 cilindri, compressore, 430 CV) e la Auto Union quattro Tipo B (4950 cm cubi, 16 cilindri, compressore, 375 CV). Eppure Tazio mette tutti k.o., firmando quella che è ritenuta la più clamorosa e simbolica delle «vittorie impossibili».

 

Il record sulla Firenze-Mare

Il bilancio del 1935 annovera altre tre affermazioni: Coppa Ciano, G.P. di Nizza, Circuito di Modena nonché due primati internazionali di velocità, sul chilometro e sul miglio con partenza lanciata. Nuvolari li stabilisce il 15 giugno sull'autostrada Firenze-Mare, facendo registrare rispettivamente 321,428 e 323,125 km/h, con una punta di 336,252. La macchina è l'Alfa Romeo Bimotore: monta due propulsori sovralimentati (gli 8 cilindri della P3, uno anteriormente, uno posteriormente) di 3165 cm cubi ciascuno, con una cilindrata totale di 6330 cm cubici e una potenza massima di 540 CV (270 x 2). Nel G.P. d'Italia Nuvolari tiene a battesimo la nuova monoposto dell'Alfa, la 8C-35, che porta alla vittoria nel successivo Circuito di Modena.

 

La coppa Vanderbilt

Un brutto incidente nelle prove del G.P. di Tripoli sembra compromettere il 1936 di Nuvolari. Ma ancora una volta la sua ripresa è fulminante: pieno di ammaccature e con la sospetta incrinatura di un paio di vertebre, scende in pista, soffre penosamente ma arriva al traguardo (ottavo). Meno di un mese dopo, il 7 giugno, batte ancora i tedeschi a Barcellona; il 21 replica a Budapest; il 28 vince di nuovo, a Milano, dove l'avversario numero uno è Achille Varzi con la Auto Union. La serie continua con altre due affermazioni (Coppa Ciano e Circuito di Modena) e si conclude con la consacrazione in terra d'America: una vittoria facile ma di enorme risonanza nella Coppa Vanderbilt, a New York. Le Alfa Romeo sulle quali si alterna nell'anno sono due: la 8C-35 e la 12C-36.

 

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1937, l'annata-no

Annata-no, il 1937. Per tutti, ad eccezione dei tedeschi, che spadroneggiano ormai incontenibili. Nuvolari è colpito da un grave lutto, la morte del figlio primogenito, Giorgio, diciannovenne, avvenuta per malattia il 27 giugno. Tazio riceve la notizia a bordo del «Normandia», mentre sta attraversando l'Atlantico per tornare a disputare la Coppa Vanderbilt. Il grande successo dell'autunno precedente sembra lontano anni luce. L'Alfa di Nuvolari prende fuoco ed egli si salva lanciandosi in corsa dall'abitacolo. Il resto della stagione registra un altro incidente (nelle prove del Circuito di Torino), poche corse (9 in tutto) e una sola vittoria, nel G.P. di Milano. I 370 CV della 12C-36 sono davvero poca cosa contro i 520 della 6 litri 16 cilindri Auto Union Tipo C e meno ancora contro i 646 CV della 5.6 litri 8 cilindri Mercedes-Benz W125.

 

L'Auto Union e il trionfo di Monza

La massima formula di corsa cambia con il 1938 (limite di cilindrata 3000 cm3 per i motori sovralimentati, 4500 per gli aspirati) ma non cambia affatto l'ordine dei valori in campo. L'Alfa Romeo mette in pista la nuova 308 (2991 cm cubi, 8 cilindri, compressore, 295 CV, 260 km/h), ma la Auto Union risponde con la Tipo D (2985 cm cubi, 12 cilindri, compressore, 485 CV, 330 km/h) e la Mercedes-Benz con la W154 (2962 cm cubi, 12 cilindri, compressore, 468 CV, 300 km/h). Nuvolari prova l'Alfa a Pau, la vettura si incendia ed egli si salva lanciandosi ancora una volta dall'abitacolo.

 

Un momento terrificante, ferite, ustioni. In ospedale Tazio medita a lungo, poi annuncia il suo ritiro dalle corse, che peraltro non avviene. Fa un viaggio negli Stati Uniti, prova a Indianapolis senza soddisfazione un paio di mediocri monoposto. Torna in Europa e viene contattato dalla Auto Union, che da tempo sta cercando invano un pilota che sostituisca il suo giovane asso, Bernd Rosemeyer, uccisosi il 28 gennaio di quell'anno durante un tentativo di primato sull'autostrada Francoforte-Darmstadt. Tazio firma e torna in pista. Tre gare per familiarizzare con la diversa guida imposta dal motore posteriore della Tipo D, indi Tazio torna trionfalmente alla vittoria, nel G.P. d'Italia a Monza.

 

E si ripete poche settimane più tardi a Donington, mandando in visibilio gli spettatori inglesi. Durante le prove subisce un incidente curioso ma fortunatamente solo spettacolare. Un cervo sbuca all'improvviso dal bosco e tenta di attraversare la pista. Nuvolari arriva a circa 130 all'ora e non può schivare l'animale ma riesce a mantenere il controllo della monoposto, evitando di centrare il parapetto di un ponte.

 

La testa del cervo gli sarà regalata ed egli ne farà un trofeo, appendendola imbalsamata sulla porta d'ingresso del suo studio.

 

La guerra e l'ultima corsa dell'Auto Union

Qualche piazzamento e qualche ritiro, sempre al volante della Auto Union Tipo D, costellano il 1939. Ma c'è anche una vittoria, nel G.P. di Iugoslavia, a Belgrado. È il 3 settembre: la seconda guerra mondiale è scoppiata da due giorni. Per la Auto Union è l'ultima affermazione e anche l'ultima corsa. Tazio, invece, ritenterà ancora.

 

Muore il secondo figlio

Riappare in scena nel 1946. È invecchiato e stanco. I gas di scarico delle vetture gli dànno un forte senso di nausea. Ma a piegarlo in due è la morte, pure per malattia, del secondo figlio, Alberto, appena diciottenne, l'11 aprile. Un mese dopo, Tazio è comunque in pista, a Marsiglia, dove per mezz'ora dà spettacolo: purtroppo rompe il motore della sua Maserati e non supera la batteria ma lascia la sua zampata segnando il giro più veloce. Si aggrappa alle corse per sopravvivere, anche se molti pensano che cerchi invece, come antidoto alla disperazione, una soluzione non meno disperata.

 

"Senza volante"

Non vince più come un tempo ma è ancora lui a "fare notizia", più di ogni altro. Il 3 settembre, a Torino, disputa la Coppa Brezzi. Al primo giro è al comando. Al secondo transita sul rettilineo del traguardo agitando il volante della Cisitalia che gli è rimasto in mano. Ma non abbandona, guida per un altro giro con i monconi della staffa alla quale il volante era fissato, poi si ferma al box e lo fa sostituire, riparte, torna a fermarsi per altri guasti, parte di nuovo con il cofano scoperchiato e arriva tredicesimo. L'episodio eccita l'immaginazione di tutti e finirà difilato in qualche profilo biografico un po' più naïf degli altri, in cui si leggerà che Nuvolari era il campione che «vinceva anche senza volante».

 

Le ultime vittorie

A fine stagione 1946 il bilancio di Tazio registra 18 partecipazioni. Tre le vittorie assolute, fra cui una internazionale, che sarà l'ultima, nel G.P. di Albi. Tre le vetture che conduce in gara: Maserati 4CL, Fiat 1100 S, Cisitalia D46.

 

La Mille Miglia

Soltanto sei le corse del 1947, anno che vede la sua ultima vittoria assoluta, nel Circuito di Parma. Ma l'impresa che riaccende attorno al nome di Nuvolari la passione di milioni di italiani è la Mille Miglia. Tazio, che ha ormai 55 anni, guida la piccola Cisitalia 202 e va irresistibilmente in testa alla corsa, che quell'anno aveva un tracciato di 1800 km anziché di 1600. Resiste alla fatica, agli accessi di vomito, alla pioggia. Rimedia anche a un guasto all'accensione ma nel finale, un'ennesimo nubifragio riempie letteralmente di acqua l'abitacolo della minuscola spider. Si ferma, riparte ma ormai la berlinetta Alfa Romeo 2900 di Biondetti lo ha superato e lo precede sul traguardo di Brescia.

 

A 56 anni, l'ultima impresa

Attività ancora più ridotta nel 1948, soltanto cinque gare (con cinque vetture diverse) e nessuna vittoria, ma ancora un'impresa stupefacente, un altro dei pilastri della leggenda Nuvolari. Si tratta, ancora una volta, della Mille Miglia. Tazio va a Brescia per assistere alla partenza e salutare i colleghi, non è iscritto. Ma si vede offrire una macchina - una Ferrari - e non riesce a dire di no. Ha 56 anni e nessun allenamento: è il 2 maggio e lui non corre dal 14 settembre dell'anno precedente. Ma si scatena come un'iradiddio e nessuno gli resiste. A Pescara è primo assoluto. A Roma ha dodici minuti di vantaggio sul secondo, a Livorno venti, a Firenze trenta. Ma la macchina purtroppo sta cedendo: ha perduto prima un parafango, poi il cofano, gli attacchi dei sedili sono compromessi. A Villa Ospizio, a tre chilometri da Reggio Emilia, la rottura del perno di una balestra nega il lieto fine a una fiaba che ha fatto sognare come poche altre nella storia delle corse.

 

Una fugacissima apparizione in tutto il 1949: compie un solo giro in batteria al G.P. di Marsiglia, dopodiché cede il volante della Maserati A6GCS a Piero Carini.

 

L'epilogo

La prodigiosa carriera di Nuvolari si chiude nel 1950 con le ultime due gare, il Giro di Sicilia/Targa Florio (percorso 1.080 km!), in cui abbandona poco dopo il via per la rottura del cambio, e la corsa in salita Palermo-Monte Pellegrino, che lo vede primo di classe e quinto assoluto. È il 10 aprile. La vettura è una Cisitalia 204 Spyder Sport elaborata da Abarth. Tazio ha chiuso ma non annuncerà mai il proprio ritiro. Passano poco più di tre anni e quello che Ferdinand Porsche aveva definito «il più grande pilota del passato, del presente e dell'avvenire», se ne va, in silenzio, alle sei del mattino dell'11 agosto 1953, un martedì.

 

fonte: http://www.tazionuvolari.it

 

 

 

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Invité §ami463nV

Ugo Sivocci, l'amico di Enzo Ferrari

 

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Per un pilota, morire durante le prove, o gli allenamenti, è doppiamente nefasto: perché la sua vita, il suo nome, scompaiono all'improvviso, senza nemmeno l'epica di una lotta all'ultimo respiro, senza spettatori che assistano all'estrema arditezza. In prova si muore da soli, e spesso, come nel caso di tanti piloti, senza capire perché: per fatalità, così si dice quando non si sa cosa dire. Il giorno dopo, tutti alla linea di partenza per la gara, come se il pilota appena caduto non fosse mai esistito. Per il milanese Ugo Sivocci, morto a Monza l'8 settembre di ottant'anni fa, durante le prove per il 1° Gran Premio d'Europa, non fu proprio così. Alle nove e mezzo di domenica 9 settembre 1923 i concorrenti cominciano a disporsi sulla linea di partenza, ma la griglia presenta tre buchi. In seconda fila manca la vettura n. 6, in quarta la n.12, in sesta la n. 18: sono i vuoti lasciati, oltre che da Sivocci, da Antonio Ascari e Giuseppe Campari, ritiratisi in segno di lutto per la morte del loro compagno di squadra il giorno prima.

 

 

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Ugo Sivocci al centro. Alla sua destra Masetti, alla sua sinistra Ascari. 1923.

 

E' l'ingegnere Nicola Romeo, consigliere delegato dell'Alfa Romeo, ad annunciare il ritiro: "Una sciagura dovuta a slittamento sulla pista bagnata ci priva, a poche ore di distanza dalla grande prova, del nostro più assennato ed esperto guidatore, del nostro Sivocci. Il dolore per la perdita del buon amico e valoroso collaboratore ci fa dimenticare in questo momento le ansie divise nel lavoro comune con lo scomparso... Ma l'animo dei nostri guidatori non può essere sereno, né sa tentare di ripassare con mano ferma accanto al corpo ancora caldo del compagno. Perciò, con la stretta al cuore..., ci vediamo costretti a disertare quel campo di lotta sul quale ritorneremo presto a combattere".

Ugo Sivocci non è tra i piloti entrati nella leggenda, non diventa il nome ricordato e scandito dalle folle. Fu di quei piloti preziosi ed oscuri, più collaudatori che corridori che arrivano d'improvviso alla notorietà del grande pubblico grazie ad una vittoria eclatante, in grado di premiare d'un colpo anni e anni di lavoro svolto infaticabilmente alle spalle di compagni più noti, loro sì idoli del pubblico. Nato a Milano nel 1885, si appassiona al ciclismo sulle orme del più famoso fratello Alfredo. Dal ciclismo però è difficile trarci da campare, e il giovane Ugo è costretto a guardarsi intorno e cercarsi un lavoro, lasciando perdere le due ruote. La sua carriera professionale inizia come collaudatore presso la De Vecchi Strada & C. (poi De Vecchi & C.), azienda automobilistica milanese che espone i suoi modelli ai Saloni di Milano e Torino fin dal 1906.

Poco prima della guerra, nel 1913, proprio Sivocci ottiene il primo risultato sportivo della casa: è secondo di categoria alla Parma-Poggio di Berceto. Ben più rilevante il risultato della seconda gara a cui partecipa, la De Vecchi: Sivocci, con il meccanico Castoldi, e il suo compagno "Gloria", Alberto Mariani, si classificano rispettivamente sesto e terzo alla Targa Florio di quell'anno, al cospetto di vetture ben più collaudate come Fiat, Ford, Mercedes, Seat. Le riviste dell'epoca non mancano di sottolineare il lusinghiero risultato, ottenuto in una gara tra le più dure al mondo (1050 km di strade terribili, che falcidiano i concorrenti), correndo su vetture con la più piccola cilindrata tra tutte e 34 le partecipanti. Durante la guerra la De Vecchi traballa, si trasforma in società anonima e si dedica alla costruzione dei motori di aviazione. La situazione però è precaria. Nel 1919 una nuova società, la Costruzioni Meccaniche Nazionali, ne acquista gli edifici in via Vallazze e ne eredita anche gli uomini. Sarà proprio alla C.M.N. che Sivocci farà uno tra i più importanti incontri della sua vita: quello con il giovane ed inesperto Enzo Ferrari, con il quale stringe un'amicizia indimenticabile. Ferrari stesso ricorda la figura di Sivocci, nel suo libro di memorie: "Quando poi passai a Milano, alla C.M.N., prima come collaudatore ed in seguito come pilota da corsa, il salario si fece un poco alla volta più sostanzioso. Fu da allora che non ebbi più preoccupazioni digiunatorie... Ad aprirmi le porte di Milano fu Ugo Sivocci, un grande amico. Ci conoscemmo al bar Vittorio Emanuele, a Milano...Ugo era il capo collaudatore di una fabbrica di automobili e abitava in una villetta di piazzale Rotole, famoso in quel tempo per un delitto passionale. La piccola fabbrica, in fondo a via Vallazze, si chiamava C.M.N., Costruzioni Meccaniche Nazionali...In questa fabbrica venivano montati su nuovi telai, con materiali residuati della Isotta Fraschini, i motori 4 CF...Sivocci mi prese dunque con sé alla C.M.N. e fu lavorando con lui che avvertii le prime serie avvisaglie di una piccola vocazione, quella di pilota di automobili da corsa".

 

Una bellissima immagine, quella del trentaquattrenne Sivocci, dalla carriera solida e sicura, che nel 1919 nota e prende con sé a lavorare il ventunenne Ferrari, senza famiglia e senza un soldo, ma già allora caratterizzato da un qualcosa che lo distingue da tanti altri giovani di belle speranze e molta fame. I due cresceranno rapidamente nella stima l'uno dell'altro. Insieme, si iscrivono alla Targa Florio del 23 novembre 1919 e partono da Milano sulle stesse macchine C.M.N. con cui avrebbero dovuto gareggiare. Il viaggio per arrivare in Sicilia pare non finire mai, e si rivela anche pieno di insidie: imprigionati da una bufera di neve sull'altopiano abruzzese, sono anche attaccati dai lupi (messi in fuga, racconta Ferrari, anche dagli spari della sua rivoltella). Arrivati fortunosamente a Napoli, Ferrari si rende conto di non potersi permettere il costo del trasporto sul piroscafo "Città di Siracusa" della sua vettura. "Una specie di solidarietà tra poveri diavoli -credo che non avessi in tasca più di 450 lire -pose i facchini al mio servizio, convinse i marittimi a ritardare la partenza, permise a me, a Sivocci e ad altri piloti di raggiungere Palermo sia pure a prezzo di una notte di tregenda, con il mare agitato e assalti di cimici". Con un viaggio così, è già un miracolo presentarsi alla linea di partenza. Sivocci e Ferrari ce la fanno, ma le avventure non sono finite, Ferrari finisce addirittura dentro un corteo in onore di Vittorio Emanuele Orlando, l'uomo "della vittoria mutilata", e arriva a Palermo quando i cronometristi e gli spettatori sono già tornati a casa. Sivocci è invece settimo, non un risultato eclatante, ma il massimo del possibile.

La loro carriera alla C.M.N. è agli sgoccioli. L'azienda infatti comincia ad avere il fiato corto: nonostante il suo impegno nelle corse non era riuscita ad imporsi sul mercato. Nell'autunno del 1920 Ferrari entra all'Alfa Romeo, precedendo di poco Sivocci (chissà se stavolta è lui a volere con sé il compagno), e i due riprendono a lavorare e correre insieme. Per esempio alla Parma-Poggio di Berceto dell'8 maggio 1921, dove Sivocci si classifica secondo di categoria, su un'Alfa 20-30 HP sport, segnando un ottimo tempo. E' la gara di cui la stampa (M.A.C.S. del 14 maggio) scrive: "La seria e meritata vittoria dell'Alfa Romeo. Un'equipe a modello", elogiando anche come la squadra milanese si è presentata in gara.

"All'intera équipe era stata data un'impronta omogenea ed elegante, i corridori indossavano eleganti maglioni scarlatti, le macchine ... portavano carrozzerie ben ideate e finite, verniciate di rosso fiammante, con radiatori ben sagomati, su cui risaltava dorata la marca Alfa, la parola d'ordine della vittoria".

Il 29 maggio li aspetta la Targa Florio. I risultati sono onorevoli, Campari si classifica terzo assoluto, Sivocci quarto e Ferrari quinto; nelle pubblicità che segue la gara, l'Alfa Romeo si presenta come la casa "che occupa i primi due posti (con Sivocci e con Ferrari) nella classifica delle vetture italiane di serie", in quanto entrambi correvano con il tipo ES sport di serie. Sono di nuovo insieme al Circuito del Mugello del 24 luglio, dove la squadra Alfa Romeo, composta da Campari Ferrari e Sivocci, conquista i primi tre posti nella classifica assoluta, e Sivocci fa segnare il giro più veloce (58' 16", pari a 66,883 km/h, alla guida di un modello ES sport di serie). Nello stesso anno, Sivocci si presta alla Fiat per guidare una delle 801 tre litri, in squadra con Pietro Bordino e Louis Wagner. Squadra per modo di dire, composta da piloti riuniti all'ultimo momento e senza un preciso piano organico di corsa. Non affiatati tra loro, non abituati alle vetture, in mancanza di un direttore sportivo che li coordinasse, potevano soltanto perdere, cosa che avvenne.

 

Con l'esclusione di questa parentesi, Ugo Sivocci continua a sostenere i colori dell'Alfa Romeo. Nel 1922 la squadra, composta da Ascari, Sivocci e Ferrari, partecipa alla Targa Florio, classificandosi ai primi tre posti di categoria, e ottenendo la Coppa Biglia e la Medaglia d'Oro del Ministero della Guerra messa in palio per il miglior risultato di équipe.

Al Circuito del Mugello il risultato è invece una débacle: quattro piloti (si era aggiunto Campari), quattro ritiri. Sivocci si iscrive anche, insieme ad Ascari (manca invece Ferrari, che da forfait all'ultimo momento), al Gran Premio d'Autunno, corso il 22 ottobre sull'Autodromo di Monza. Con la sua RL a sei cilindri da tre litri compie una gara regolarissima, senza neanche arrestarsi per un rifornimento, e si classifica secondo alle spalle di DUBONNET su HISPANO SUIZA. Finalmente, nell'aprile del 1923, il grande colpo: la vittoria assoluta sul campo di gara più difficile del mondo, la Targa Florio.

Sivocci e Ferrari sono partiti uno dopo l'altro a soli cinque minuti di distanza, entrambi su Alfa Romeo RL di cilindrata appena superiore alla restanti Alfa in gara: 3100 cc anziché 3000 (escamotage per poter iscrivere le vetture in categorie diverse, e cogliere più opportunità di vittoria). Già dal terzo giro, su quattro complessivi, la lotta è ristretta tra Minoia su STEYR, e i due compagni di squadra Sivocci ed Ascari. La vittoria sembra profilarsi certa per quest'ultimo, in prima posizione a pochi metri dal traguardo. Invece accade l'imprevedibile.

La vettura di Ascari si blocca a duecento metri dalla fine, i meccanici si affannano a farla ripartire, quando ci riescono la concitazione è tale (Ascari è ancora primo) che saltano tutti in macchina e si presentano insieme al traguardo: squalificati. Allora Ascari gira la macchina, torna al punto incriminato, i meccanici volano giù dalla vettura, riparte da solo a razzo: ma intanto gli piomba alle spalle Sivocci, lo oltrepassa e si classifica primo, dopo sette ore, diciotto minuti e tre secondi di corsa.

Una vittoria un po' piratesca, ma pur sempre una vittoria di dimensione internazionale, che finalmente consacra Sivocci grande pilota, e lo trae dal limbo degli eterni secondi. Compaiono per la prima volta, sulla stampa, degli articoli su di lui, dove viene descritto di "una calma ed una prontezza di decisione straordinarie, che fanno di lui uno dei più regolari guidatori del momento". Ci si aspetta molto da lui per il prossimo traguardo: il primo Gran Premio d'Europa, in calendario per domenica 9 settembre, per il quale l'Alfa Romeo intendeva far esordire la sua nuova vettura, la P1. Dal 16 agosto la squadra al completo è sulla pista di Monza per le prove. Le riviste ne riportano i risultati (toccati più volte i 180 km/h) e Auto-Moto-Ciclo pubblica anche una carrellata dei migliori piloti del momento: tra questi campioni, Ugo Sivocci. Il suo viso segnato, con tanto di coppola e vistosi baffoni, lo fanno sembrare più vecchio di quel che è, trentotto anni. E' inevitabilmente "un pilota della vecchia guardia". Una vecchia guardia onesta e pulita, che lavora in prima linea ma non disdegna il lavoro delle retrovie, con grande rispetto per la macchina, prestandosi là dove si è utili: che si tratti di fare il collaudatore, il meccanico, il pilota, il revisore. E' l'uomo capace di fare squadra, di trasformare una compagine di talenti individuali in un gruppo affiatato e rodato.

 

La sua morte, avvenuta l'ultimo giorno degli allenamenti, sabato 8 settembre, raggela l'animo di tutti quelli che lavorano con lui. Una fotografia, ritrae la sua macchina danneggiata, mentre viene caricata sul camion per essere portata via. Campeggia sul fianco il n. 17, esattamente lo stesso numero della vettura con cui si era ucciso l'anno prima un altro promettente pilota italiano, Biagio Nazzaro, nipote del famoso Felice. Al di là della superstizione, un'immagine triste, che suggella la vita di un uomo buono.

Tra i suoi meriti c'è quello di essere stato il primo ad adottare il Quadrifoglio come propria insegna di gara, e a lasciandolo all’Alfa Romeo in eredità come una bandiera.

Dopo la morte di Sivocci il Quadrifoglio si è identificato con le vetture Alfa Romeo che per circa tre decenni, fino al 1952, seppero stare al primo posto nella lunga epopea tecnica ed agonistica dell’automobilismo.

 

fonte: TargaFlorio.info

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Invité §ami463nV

Anche se non e' foto di Targa........va bene lo stesso...

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John Surtees in the Ferrari, Mauro Forghieri with glasses and Giulio Borsari, mechanic.

tre mitici ...... della Targa Florio

 

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Invité §ami463nV

Giulio Masetti

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Il Conte Giulio Masetti nacque a Firenze nel 1895 ma la sua famiglia era originaria di Vinci. Insieme al fratello Carlo, anch'egli come lui appassionato di motori e di competizioni iniziò a gareggiare fin da ragazzo. Dopo aver acquistato una obsoleta ma ancora efficiente Fiat S57/14B del 1914 iniziò a gareggiare già nel 1920. Con questa vettura nello stesso 1920 partecipò alla Parma-Poggio di Berceto giungendo secondo alle spalle di Giuseppe Campari che correva su Alfa Romeo e nello stesso anno si piazzò ancora al secondo posto nella Coppa della Consuma.

 

L'anno successivo arrivò la sua prima vittoria, sempre sulla stessa Fiat , alla Targa Florio. La sua vittoria fu un vero capolavoro in quanto riuscì a sconfiggere, con un mezzo molto meno potente, gli squadroni Alfa Romeo e Mercedes che erano giunti in Sicilia con l'intento di vincere a tutti i costi la gara. Dopo la vittoria iniziarono i contatti con la Mercedes ma la scuderia tedesca alla fine non lo ingaggiò ritenendo la sua vittoria come un colpo di fortuna.

 

Il rifiuto della Mercedes provocò in Masetti un senso di rabbia e frustrazione e per riscattarsi decise di acquistare personalmente una Mercedes e dopo averla ridipinta nel colore Rosso Italia nel 1922 si presentò alla partenza della Targa Florio. Il pilota fiorentino dimostrò che non era stata fortuna e bissò il successo dell'anno precedente precedendo le due Ballot ufficiali e le vetture dell'Alfa Romeo. Con la sua Mercedes rossa nello stesso anno vinse se anche il Circuito di Brescia e sempre a Brescia si piazzò terzo nella gara di velocità sul chilometro lanciato.

 

Il duplice successo nella gara siciliana lo fece diventare un beniamino del pubblico e gli valse il soprannome di "Leone delle Madonie".

 

Nel 1923 l'Alfa Romeo lo ingaggia come pilota ufficiale e con la nuova auto vince la Coppa della Consuma e si piazza secondo, dietro a Brilli Peri, nel Circuito del Mugello, quarto alla Targa Florio e terzo, dietro al fratello Carlo, nel Circuito di Brescia. Nel 1924 è ancora pilota ufficiale Alfa Romeo e alla guida di un Alfa RL TF giunse secondo alla Targa Florio. Nel 1925 gareggia per la squadra Sunbeam-Talbot-Darracq arrivando primo nella Corsa del Klausen in Svizzera dove per la prima volta indossò un casco rigido rivestito in pelle marrone, secondo alla 200 miglia di Booklands e terzo al Grand Prix di Francia.

 

Ma la sua passione era la Targa Florio che in quell'anno non aveva corso. Il pubblico siciliano lo amava e lui amava la Sicilia.

 

Nel 1926 scese nuovamente in Sicilia per correre la 17° edizione della corsa. Decise di gareggiare su una Darracq di sua proprietà ma a causa di un ritardo nella preparazione della macchina fu costretto a ripiegare su una Delage due litri, dodici cilindri. La macchina portava il numero 13 e stava conducendo un'ottima gara quando giunto su un ponticello a Sclafani Bagni, Masetti pese il controllo della vettura andando a schiantarsi contro un terrapieno a cui fece seguito il decollo e il successivo ribaltamento che schiacciarono il corpo del pilota che perse la vita all'istante a soli 31 anni.

 

Quando giunsero i primi soccorritori ad estrarlo lo trovarono vestito come al suo solito: tuta di colore bianco e cintura di cuoio marrone con fibbia in argento.

 

Sul luogo dell'incidente sorge un cippo che lo ricorda.

 

Lo stile di guida

 

Masetti su Fiat S57/14B dopo la vittoria nella Targa Florio del 1921Giulio Masetti aveva una tecnica di guida non aggressiva che lo portava ad interpretare nel modo migliore le curve , in genere senza derapare e senza sfruttare al massimo la tenuta dei pneumatici. Questa tecnica era l'ideale sul tracciato della Targa Florio dove in media un pilota doveva affrontare mediamente per ogni chilometro dodici fra tornanti e curve.

 

I cippi stradali

 

Lungo le strade che lo videro protagonista come pilota sono tre i cippi stradali che lo ricordano. Uno è posto nei pressi del Passo della Futa, un latro nei pressi del Passo della Consuma e un l'altro è posto a Sclafani Bagni nel luogo dove perse la vita.

 

Il Cippo al Passo della Futa

 

Il cippo al Passo della Futa ha un testo che così recita:

 

SU QUESTO PASSO DELLA FUTA TESTIMONE

DEI RIPETUTI TRIONFI NEL CIRCUITO

DEL MUGELLO AUSPICE IL FASCIO

DI FIRENZUOLA VOLLERO GLI AMICI

SEGNATO NEL BRONZO IL NOME

DEL PATRIZIO FIORENTINO CONTE

GIULIO MASETTI DA BAGNANO

PER RICORDARE AGLI ANIMOSI DI

DOMANI NEL RINNOVATO CIMENTO

LO SPIRITO DI LUI CHE TRASVOLÒ SU

LE MADONIE NELLA GARA DI SICILIA A

MOSTRARE COME SEMPRE SI POSSA

ARDIRE PER L’ITALIA E MORIRE

OVUNQUE SIA DA AFFERMARE UN

PRIMATO DEL MONDO.

 

 

 

 

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Invité §ami463nV

Emilio Materassi

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il 9 settembre 1928, durante lo svolgimento del Gran Premio a Monza, mentre tentava il sorpasso, al diciassettesimo giro, di Foresti, Emilio Materassi su Talbot urtava con la ruota anteriore destra la ruota posteriore sinistra dell' auto del Foresti, usciva di strada, urtava un muretto, saltava il fosso laterale e piombava sugli spettatori alla velocità di circa duecento chilometri orari.

 

Fu uno dei maggiori incidenti nella breve storia dell' automobilismo sportivo: venti i morti, oltre una quarantina i feriti; Emilio Materassi uscì da solo dalla macchina, fece alcuni passi, cominciò a parlare, ma dopo pochi istanti si accasciò al suolo. Pochi minuti ancora ed era già morto per un' emorragia interna, causata da un colpo alla tempia.

 

 

Così terminava la sua esistenza un grande campione, che gareggiò per quattro anni, dal 1925 al 1928, con Varzi, Ferrari, Nuvolari, Campari, Brilli Peri, Masetti, e tanti altri pionieri, alla ricerca sempre di nuove emozioni e di nuovi traguardi, sapendo che l'automobile sarebbe diventata in breve non più un lusso ma una necessità, e che bisognava superarsi sempre per afferrarne i limiti, abbatterli e sfidare i nuovi. Grazie a Materassi, Brilli Peri come a Villeneuve e Senna, la morte dei piloti è "servita" ad aumentare la sicurezza delle automobili, mentre le morti degli spettatori sono "servite" a rendere più sicure le strade e chi ci vive accanto. Emilio Materassi morì dunque a Monza, all'età di trentaquattro anni, essendo nato il 1º novembre 1894, a Borgo San Lorenzo, da Francesco ed Annunziata Poli. Lavorò per un po' di tempo nella bottega paterna dove vendeva cordami e fiaschetteria, poi comprò un'automobile da corsa, nel 1922, cominciando a gareggiare con poca fortuna, sicché decise di lasciar perdere le corse, facendosi assumere dalla SITA come autista. Avendo ormai la velocità nel sangue percorreva al volante dei pullman le strade dissestate dell' epoca a velocità piuttosto elevata, facendo arrivare a destinazione i passeggeri piuttosto strapazzati cosicché, dopo numerose lamentele, fu licenziato. Non gli rimase che comprare una vecchia Itala, la cosidetta Canarona, rimetterla in sesto e ricominciare a correre, stavolta con maggior fortuna. Dal 1925 al 1928, con la Itala, la Bugatti e la Talbot, vinse numerose gare, dalla Coppa Perugina alla Targa Florio, dalla Collina Pistoiese al Gran Premio di Tripoli, dal Circuito del Mugello al Gran Premio di San Sebastiano, dal Circuito del Savio al Circuito di Montenero... Nel frattempo si era sposato con Norma Parolai ed aveva avuto due figlie; era diventato presidente del Club Ciclo Appenninico 1907, consigliere della Fortis Juventus 1909 e ricopriva varie cariche nelle altre associazioni locali, come la Misericordia. La Gazzetta dello Sport, nell' edizione del giorno del Gran Premio fatale, pubblicò in prima pagina le cinque foto dei più grandi piloti del momento e tra queste vi era quella di Emilio Materassi. A settanta anni dalla morte è stato ricordato dal Ferrari Club di Barberino del Mugello; alcuni anni prima una statua in suo ricordo era stata posta alla partenza del Circuito stradale del Mugello a San Piero a Sieve; in occasione del Gran Premio di F.1 a Monza quasi ogni anno le Tv ed i giornali nel fare le cronistorie dell'avvenimento ricordano i tempi passati e la tragedia del 1928; l'Autodromo internazionale del Mugello, sorto nel comune di Scarperia, ha una curva intitolata ad Emilio Materassi. Solo Borgo San Lorenzo, paese natale del pilota, si è completamente dimenticato di quest'uomo che da vivo ha contribuito con il suo nome ed i suoi soldi alle fortune delle associazioni locali, sì da avere al suo funerale ben nove preti, fra i i quali padre Massimo da Porretta. Ma il tempo fa dimenticare le grazie ricevute, con buona pace di tutti.

 

Lanfranco Villani

 

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Invité §ami463nV

Nanni Galli

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Nato a Bologna (Italia) il 2 ottobre 1940

 

 

Nanni Galli è stato uno dei migliori piloti italiani a Livello Internazionale alla fine degli anni Sessanta e all’inizio degli anni Settanta. Nato a Bologna, in via del tutto occasionale, il 2 ottobre 1940, Nanni (il cui nome completo è Giovanni Giuseppe Gilberto) è figlio di genitori toscani e appartiene a una famiglia di industriali tessili di Prato.

 

 

Galli ha iniziato a gareggiare con i Kart all’inizio degli anni Sessanta all’età di 24 anni. Utilizzò lo pseudonimo di “Nanni” per far fronte alle obiezioni della sua famiglia in merito alla sua passione per i motori.

 

 

Alle corse automobilistiche, il pilota italiano arriva nel 1964, quando prende parte ad alcune cronoscale al volante di una piccola Steyr-Puch 500. Il giovane Galli si mette in luce al volante di vetture Turismo dove, all’età di 25 anni, si laurea Campione Italiano al volante di una Morris Cooper vincendo tutte e dieci le gare in programma.

 

 

Il pilota italiano gareggia in maniera eccellente soprattutto al volante delle Alfa Romeo Giulia GTA, tanto da essere assunto, nel 1967, dall’Autodelta, la Squadra Ufficiale Alfa Romeo. Sempre nel 1967, Galli disputa alcune corse con la biposto Alfa Romeo T33 e vince la salita del Monte Pellegrino, presso Palermo. Compie l’esordio in Formula 2, nel Gran Premio di Roma corso a Vallelunga, al volante di una Brabham privata.

 

 

Nel 1968 Galli prende parte alle corse di durata in coppia con il pilota italiano Igrazio Giunti al volante dell’Alfa Romeo 33-2 ufficiale e arriva secondo alla celebre Targa Florio. Galli e Giunti conquistano poi un brillante quarto posto alla 24 Ore di Le Mans. Nel 1969 Nanni Galli fa parte del Team Ufficiale Tecno nel Campionato d’Europa di Formula 2. Alla fine della Stagione, il pilota italiano è settimo in Classifica assoluta piloti.

 

 

Nanni Galli si affaccia per la prima volta al Mondo della Formula 1 nel Gran Premio d’Italia 1970, al volante della monoposto McLaren-Alfa Romeo M14A privata ma non riesce a qualificarsi per la gara. Il suo campo d’azione principale restano comunque le gare per le vetture Sport a Imola.

 

 

Nel 1971 Galli prende parte a tempo pieno al Campionato del Mondo di Formula 1 al volante delle monoposto March-Alfa Romeo e March-Ford. La Stagione si rivela disastrosa e Nanni non ottiene risultati particolari. Coglie un terzo posto a Buenos Aires e un secondo posto nella 12 Ore di Sebring con l’Autodelta. Per la maggior parte della sua Carriera, Galli ha sofferto di gravi problemi di cervicale e al collo che hanno compromesso parte delle sue prestazioni fisiche in gara.

 

 

L’anno successivo Galli vive la sua unica, brevissima esperienza con la Scuderia Ferrari in Formula 1: viene invitato a sostituire il pilota svizzero Clay Regazzoni (che si era fratturato un polso giocando a pallone) nel Gran Premio di Francia 1972 a Clermont-Ferrand. Particolare curioso: nella gara precedente, Nanni Galli aveva sbandato con la Tecno a motore V12 boxer e la Ferrari di Regazzoni gli era piombata addosso. Al volante della stessa Ferrari 312 B2, che un mese prima lo aveva investito, si classifica 13° a un giro dal vincitore Jackie Stewart su Tyrrell-Ford. Nella stessa Stagione, Galli gareggia con le vetture Sport, al volante dell’Alfa Romeo T33 a 3 litri di cilindrata.

 

 

Nella Stagione 1973 Nanni Galli partecipa al Mondiale di Formula 1 presso la Scuderia ISO (la prima Williams), dove gareggia al volante del modello ISO-Ford Cosworth FX3-B sponsorizzata dalla Multinazionale del Tabacco Marlboro. Il miglior risultato è un nono posto nel Gran Premio del Brasile a Interlagos. A metà Stagione Galli decide di ritirarsi dalle corse.

 

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Invité §ami463nV

Helmut Marko

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Nato a Graz (Austria) il 27 aprile 1943

 

 

Helmut Marko nasce a Graz, un piccolo villaggio a confine tra Austria e Germania, il 27 aprile 1943 quando in Europa incombe la Seconda Guerra Mondiale. Di carattere calmo e temperato, gli anni da adolescente di Helmut furono trascorsi come un inferno. Visse per anni nell’ombra del grande pilota connazionale Jochen Rindt. Una volta terminati gli studi in legge, il dottor Marko poté soddisfare liberamente le proprie ambizioni nel campo motoristico.

 

 

Un conducente di macchina sportivo e terrificante, Helmut Marko inizia la sua Carriera sportiva nel Campionato tedesco di Formula 3, nelle Serie minori sportscars e nelle ultime Edizioni della Targa Fiorio, partecipando inoltre alla 1.000 chilometri di Österreichring, Nürburgring e Daytona. Viene arruolato presso la Scuderia BRM per correre in Formula 1 durante la Stagione 1971 rivestendo il ruolo di quinto pilota ufficiale presso il Team britannico. Precedentemente, Marko aveva provato a qualificarsi senza successo nel Gran Premio di Germania sul circuito del Nürburgring al volante di una McLaren-Ford M7C privata iscritta dal Team privato Ecurie Bonnier.

 

 

Helmut Mark fa registrare il suo debutto in Formula 1 nel Gran Premio d’Austria 1971, disputato sul tracciato di Österreichring, al volante del modello BRM P153-B. Rimpiazzando il britannico Vic Elford, Marko ottiene un 17° posto durante la Sessione Ufficiale di Qualifica. In gara, il pilota austriaco riesce a risalire di qualche posizione installandosi all’undicesimo posto finale. Per la cronaca, la corsa viene vinta dal compagno di Squadra, lo svizzero Jo Siffert, che dispone inoltre del più recente modello BRM P160 messogli a disposizione dalla Casa britannica. Grazie all’appoggio della Casa automobilistica Porsche, Helmut Marko riesce ad aggiudicarsi la prestigiosa 24 Ore di Le Mans Edizione 1971 al volante di una Porsche 917K in coppia con il pilota olandese Gijs van Lennep presso il Team Martini Racing. Si trattò del periodo di massimo splendore per il pilota austriaco ed uno dei maggiori successi della sua Carriera Automobilistica.

 

 

Nella Stagione 1972, Marko viene riconfermato in seno alla Squadra grazie all’appoggio della Philip Morris affiancato da un folto schieramento di piloti composto dal britannico Peter Gethin, dall’australiano Howden Ganley, dallo svedese Reine Wisell, dallo spagnolo Alex Soler-Roig e infine dal francese Jean-Pierre Beltoise. La Squadra BRM, che dispone di ingenti finanziamenti da parte della Multinazionale del Tabacco Marlboro e da sponsorizzazioni minori, decide di dare vita ad una formazione composta da due Squadre separate. Dopo aver saltato la trasferta spagnola in favore dell’eroe locale Sler-Roign, Marko rientra in Formula 1 in occasione del Gran Premio di Monaco. Tra i muretti di cemento e i marciapiedi di Montecarlo, il Team BRM ottiene una storica affermazione grazie al successo di Beltoise. Il pilota austriaco si assicura un ottimo ottavo posto finale sotto la pioggia in gara, ben figurando tra i migliori piloti di testa. Il 21 maggio 1972, alla Targa Florio, Marko guida la sua Alfa Romeo facendo segnare un sensazionale tempo di 33 33’41 minuti alla media di 128,253 km/h.

 

 

Marko stava mostrando la grande forma al volante della BRM P160 durante il Gran Premio di Francia 1972 a Clermont-Ferrand quando la sua visiera fu fracassata da una piccolo sasso scagliato dalla Lotus-Ford del pilota brasiliano Emerson Fittipaldi che finì in un occhio. Miracolosamente, Marko riuscì a fermare la vettura senza incorrere in un incidente ma perse gran parte della vista in quell’assurdo quanto drammatico incidente dove danneggiò l’occhio. Quella di Helmut Marko fu una Carriera Sportiva tristemente interrotta proprio nel momento di massimo splendore in Formula 1.

 

 

Negli anni successivi, prosegue il recupero fisico e mentale dopo l’incidente di Clermont-Ferrand. Marko riprende le sue attività nelle Categorie sportscars dando vita ad una propria formazione in veste di Team Manager. Per anni si incarica delle competizioni del Marchio Renault in Austria. Marko fonda una Squadra di Formula 3000 per sostenere i giovani compatrioti Gerhard Berger e Karl Wendlinger e formarsi nel Mondo dell’Automobilismo Sportivo. Il Team RSM Marko ha permesso, inoltre, al pilota tedesco Jörg Müller di aggiudicarsi il Titolo Iridato nel Campionato tedesco di Formula 3 1994. Negli anni successivi, la formazione austriaca è costretta a cedere alle lusinghe dello sponsor Red Bull a causa degli eccessivi costi finanziari di gestione sportiva.

 

 

Dalla Stagione 2005, Helmut Marko è riapparso nel Circus della Formula 1 rivestendo il ruolo di consulente sportivo presso la neonata Squadra Red Bull Racing, formazione nata dalle ceneri della vecchia Jaguar Racing. Il rapporto con l’azienda Red Bull e il suo proprietario Dietrich Mateschitz è rimasto, e attualmente Marko ne è consulente (nonostante alcune polemiche sulle scelte dei piloti), avendo orchestrato l’acquisto delle squadre Jaguar e Minardi, trasformate in Red Bull Racing e Scuderia Toro Rosso.

 

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Invité §ami463nV

Brian Redman

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Nato a Burnley (Gran Bretagna) il 9 marzo 1937

Uno dei grande piloti di monoposto sportive della sua epoca, Brian Redman era un uomo dall’aspetto rotondo, alto, diritto, con un’enorme carisma e una forte personalità. La sua lunga Carriera nell’Automobilismo Mondiale lo ha visto partecipare non solo a competizioni ufficiali e-non di Formula 1, ma anche a gare con vetture Sports, Prototipi, Endurance e altre corse di durata.

Brian Thomas Redman nacque a Burnley, Lancashire, il 9 marzo 1937. Figlio di un proprietario di una catena alimentare di 24 supermercati della zona e nipote di un fabbricante di scope, il giovane Brian ricevette una costosa educazione alla Rossall School. Frequentò l’Università per tre anni, in seguito venne chiamato sotto le armi dall’Esercito di Sua Maestà presso il Reggimento di Lancashire East. Tornato dal servizio militare, Brian prese le redini della fabbrica di famiglia, ma il nonno morì poco dopo e l’azienda venne presto ceduta agli acquirenti. Strinse amicizia con Mike Wood, un navigatore di Rally, e iniziò la sua Carriera sportiva nel 1957 con alcune gare in Morris Minor. Ben presto ottenne di guidare la Jaguar XK120 e la potente E-Type Jaguar di proprietà del Team Red Rose Motors di Charlie Bridges. Fu una mossa perfetta: vinse 16 gare su 17 corse in programma. Nel 1966, Bridges acquistò una Lola T70 Can-Am ottenendo i favoritismi dell’ambiente internazionale. Nello stesso anno, si classificò al terzo posto finale nella gara Grovewood Awards dietro a Chris Lambert e Jack Oliver.

Nel 1967, Redman accettò l’offerta del Team Red Rose Motors per correre nel Campionato Europeo di Formula 2. La sua fortuna arrivò quando John Wyer gli propose di guidare una Ford GT40 in coppia con il belga Jacky Ickx alla 9 Ore di Kyalami. Il primo coinvolgimento di Brian Redman con il mondo dell’Automobilismo fu con la società Chevron Sports Car, dove correva in veste di pilota ufficiale.

A metà degli anni Sessanta avvennero i primi contatti con la massima categoria automobilistica mondiale. Brian Redman debuttò in Formula 1 al Gran Premio del Sudafrica 1968 (disputato sul circuito di Kyalami) al volante di una Cooper T81-B privata motorizzata con un V12 di produzione Maserati. In gara il suo debutto durò lo spazio di cinque giri, quando fu costretto alla resa per il cedimento del motore. Nella Categoria Sport, sempre con Ickx, vinse la 1.000 chilometri di Spa-Francorchamps. Tornato in Formula 2 presso la Squadra Ferrari, il pilota inglese impressionò favorevolmente gli addetti ai lavori grazie a un’impressionante gara nel Gran Premio di Germania sul tracciato del Nürburgring.

Nella gara successiva la Squadra Cooper passò dal 12 cilindri italiano Maserati al 12 cilindri inglese BRM. E i risultati non tardarono ad arrivare. Alla seconda gara in Formula 1, dopo una buona Qualifica dove si piazzò al 13° posto in griglia di partenza, Brian Redman terminò la gara sul gradino più basso del podio complici anche i ritiri degli avversari. Il breve sodalizio con la Cooper venne interrotto dopo l’incidente nelle Prove del Gran Premio del Belgio 1968 alla curva Les Combes. A causa della rottura della sospensione anteriore, la vettura uscì violentemente di pista e Redman si ruppe un braccio. Oggi Redman ricorda così quei terribili momenti: «Stavo viaggiando a una velocità di circa 150 mph quando improvvisamente cedette un elemento della sospensione della BRM. La monoposto colpì una barriera e venni sbalzato dall’abitacolo. Mi procurai una duplice frattura composta alle ossa dell’avambraccio destro».

Nel 1969 Redman corse con la Serie Springbok (Chevrolet BMW) ma gli venne offerto di correre con lo svizzero Jo Siffert (Porsche) e vinse così cinque gare. Partecipò alla 24 Ore di Dayotna in coppia con il britannico Vic Elford, senza successo a causa di un problema al motore.

L’anno seguente, ancora sofferente dall’incidente, Redman venne ingaggiato dalla Scuderia De Tomaso in sostituzione del pilota inglese Piers Courage, perito in gara nel Gran Premio d’Olanda 1970 sul circuito di Zandvoort, ma fallì due volte la Qualificazione su due partecipazioni alle gare. Frank Williams, proprietario della Squadra, decise di non prolungare il contratto. Vinse la prestigiosa Targa Florio al volante di una Porsche 908. Un breve soggiorno di lavoro in Africa Meridionale presso i reparti BMW all’inizio di 1971 fu seguito da una sporadica apparizione nel Gran Premio del Sudafrica al volante di una Surtees-Ford TS7 privata. Tornò a correre nel Campionato Europeo di Formula 5000 al Team di Sid Taylor.

Nel 1972 Redman acquistò una McLaren-Ford M19A privata con la quale disputò tre gare. Giunse due volte quinto al traguardo (e in zona punti) a Monaco e in Germania. Proprio in questo periodo avvenne la “rinascita” di Redman dopo l’incidente a Spa-Francorchamps con prestazioni degne del suo nome al volante della McLaren. In quell’anno partecipò all’ultima gara della Stagione al volante di una BRM P180 privata senza ottenere grandi risultati. Nel biennio 1972/73, il pilota inglese partecipa alla corse Endurance al volante di una SEFAC Ferrari nel ruolo di compagno di Squadra del pilota belga Jacky Ickx.

Le ultime apparizioni di Brian Redman in Formula 1 furono registrate nel biennio 1973/74 al volante di una Shadow-Ford DN3-B privata. Con la vettura inglese corse quattro Gran Premi dove ottenne come miglior risultato un settimo posto nel Gran Premio di Spagna 1974 sul circuito di Jarama.

Nell’estate 1974 decise di abbandonare definitivamente la Formula 1, stanco e deluso dai risultati ottenuti. Successivamente, il pilota inglese si è aggiudicato tre Titoli Iridati consecutivi (1974/75/76) nel Campionato americano di Formula 5000 con i Team di Charlie Haas e Jim Hall, guidando i modelli Lola T330/332.

Brian Redman si trasferì definitivamente negli Stati Uniti e corse al volante di una Chevron Sports Car. Nel 1977 ebbe un grave incidente al volante di una Lola CanAm nell’appuntamento a Saint Jovite, dove si procurò la frattura del collo, dello sterno, della spalla, di alcune costole e un lieve trauma celebrale. Dopo un lungo periodo di convalescenza e riabilitazione assistito dalla moglie, ritornò all’azione solamente l’anno successivo trionfando nella 12 Ore di Sebring alla guida di una Porsche.

Nel 1981, il pilota inglese ha trionfato a Daytona insieme a Bob Garretson e Bobby Rahal nel Campionato IMSA Camel GT al volante di una Lola T600 GTP. Nel corso degli anni Ottanta, sostenne le iniziative dei marchi Jaguar e Aston Martin nelle competizioni di durata.

Negli anni Novanta, Brian venne coinvolto nel progetto del Team Redman-Bright in Formula 3000. Purtroppo, i successi iniziali della Squadra vennero mortificati dalla morte del pilota di punta, uruguayano Gonzalo Rodriguez, nella gara di Formula CART a Laguna Seca nel 1999. Da quel momento, e in seguito al successivo incidente occorso a Greg Moore nel California Speedway, la Formula CART decise di rendere obbligatorio l’HANS Device, un dispositivo di protezione che impedisce alla testa del pilota di subire le forze d’inerzia delle violente decelerazioni connesse agli urti, in grado di produrre danni esiziali alle vertebre e dell’osso del collo. Successivamente, le stesse misure precauzionali sono state adottate anche in Formula 1 nel 2003.

Oggi, Brian Redman vive a Vero Beach, in Florida, insieme alla moglie Marion, sposata nel 1962. La coppia ha avuto due figli: James e Charlotte.

 

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Invité §bes888PR

 

FRANCESCO ( FRANCO ) TAGLIAVIA : un pò di "fil di ferro" e tanta, ma tanta passione ......

 

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E' pensabile che anche per Voi, Amici della Targa Florio che condividete la stessa passione, sia emozionante leggere queste righe, tratte da alcune memorie di Targa Florio scritte, a suo tempo, da Franco Tagliavia :

 

“ .... La passione, lo spirito agonistico che animava i piloti dilettanti nella nostra Sicilia negli anni 50, avveniva a livello quasi pioneristico. Ho iniziato partecipando a gare in salita con vetture di serie, per passare poi a vetture sport della classe 1100. In questa classe riscuotevo grandi soddisfazioni, anche se costavano tanti sacrifici.

 

Un bel ricordo è stato nel 1956, quando partecipai alla 40^ Targa Florio, classificandomi al 1° posto di categoria ( Sport - classe da 751 a 1100 cc.) ed al 9° posto assoluto (cat. Sport).

 

Era proprio da non credere come con una vettura come la mia Osca 1100 bialbero del 1951 avessi potuto superare le fiammanti bialbero nuove aggionate del 1956 con piloti ufficiali della stessa Casa, con assistenza che faceva paura a quelli di noi che correvano con le legature di fil di ferro.

 

Ancora oggi penso alla gioia del risultato ottenuto, anche perchè mentre io ho fatto tutta la gara da solo, gli altri si alternavano alla guida ... “

 

La foto pubblicata ritrae quella Osca MT 4 1,1 n.62 “con le legature di fil di ferro”, alla partenza a Floriopoli.

 

E qui si scopre, inoltre, che la condusse soltanto Francesco Tagliavia, pur risultando iscritta la coppia F. Tagliavia / G. Santonicito.

 

 

La SICILIANA Targa Florio : Gara Unica !

 

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Best54

Carmelo

 

 

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Invité §fro124rm

Cari Amici della Targa, ho appreso, grazie all'amico Carmelo, la nascita di un nuovo Forum riguardante la nostra mitica Targa Florio con soggetto: I piloti della Targa Florio.

Devo complimentarmi con tutti Voi per l'impegno profuso, soprattutto, per documentare tanti episodi, non conosciuti, e certamente molto più interessanti di classifiche e storie per lo più conosciute da tutti gli appassionati della materia.

Fra questi ultimi servizi mi ha colpito molto quello riguardante Fulvio Lauricella, pilota velocissimo e grintoso, che, più volte ho fotografato e ripreso con la mia videocamera ( queste le mie passioni!).

In effetti, molte volte ci siamo visti nell'officina di Don Totò Ferracane e in tutte queste occasioni, abbiamo scambiato poche parole, forse per fretta o timidezza.

Io ero, sempre, preoccupato della salute della mia Austin Healey Sprite, che temevo non mi facesse giungere alle varie gare di regolarità...mentre lui pensava , a cose più importanti....cioè come preparare la macchina per poter ben figurare nelle gare storiche.

E questo gli riusciva molto bene!

Allego, alcune foto, riguardanti la Targa Florio Storica del 1988 e del 1990.

Inoltre, in occasione di una nostra gara di regolarità, organizzata dal Circolo V. Florio, ho potuto rivedere quella mitica SZ in funzione da apripista nel 2008 sul Circuito della Favorita.

Saluti per tutti Voi ed in special modo per l'amico Fulvio, che saluto affettuosamente.

 

 

Paolo Cigno

 

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Invité §bes888PR

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La SICILIANA Targa Florio : Gara Unica !

 

 

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Best54

Carmelo

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Invité §ami463nV

Un vero "Amico" della Targa Florio...ci regala questo splendido documento.......

 

jayephil

The 3rd visit to the Targa Florio with the Sprite. The evolution of the car continues with suspension now changed to Lotus Elan 26R independent all round and the engine fitted with an 8-port cross ...

 

 

 

 

Caro Jay.....un grazie lungo 72km dagli "Amicidellatargaflorio" :jap::jap::jap::jap:

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Invité §ami463nV

Giancarlo Baghetti

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

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Giancarlo Baghetti (Milano, 25 dicembre 1934 – Milano, 27 novembre 1995) è stato un pilota automobilistico italiano di Formula 1.

 

Baghetti esordisce in Formula 1 il 2 luglio 1961 nel 47 Grand Prix de l'ACF, sul circuito di Reims, al volante di una Ferrari 156 F1 messa a disposizione dalla Federazione Italiana Sport Automobilistici. Pur essendosi piazzato in 12° posizione durante le qualifiche, Baghetti vince il gran premio: in Formula 1 è il primo e unico caso di vittoria nella gara d'esordio di un pilota.

 

 

Baghetti a Monza nel 1962Nel 1961 Baghetti partecipa ad altri due gran premi, sempre su Ferrari 156 della Scuderia Sant Ambroeus: il Gran Premio di Gran Bretagna e quello d'Italia. In entrambe le occasioni è costretto al ritiro: al 27 giro sul circuito di Aintree e al 13 giro a Monza, dopo essere partito rispettivamente in 19 e 6 posizione. Sul circuito brianzolo, Baghetti segna il giro più veloce in gara.

 

Dopo un 1962 piuttosto incolore, alla guida di una Ferrari 156 ufficiale (4 gp), con 5 punti ottenuti, Baghetti segue Phil Hill ed altri ferraristi, tra cui l'ingegner Carlo Chiti, alla Automobili Turismo e Sport (ATS). Si tratta di una esperienza deludente: su cinque gran premi, vedrà il traguardo una sola volta, in 15° posizione.

 

Nel 1964 Baghetti approda alla Scuderia Centro Sud dove, alla guida di una BRM P 57, non avrà occasioni di mettersi in mostra nei 6 gran premi disputati.

 

Tra il 1965 ed il 1967, Baghetti corre altri tre gran premi, senza cogliere alcun risultato importante.

 

Oltre che nelle gare valevoli per il Campionato Mondiale, Baghetti corse e colse vittorie anche in competizioni non valide per il titolo, come il Gran Premio di Siracusa e quello di Napoli vinti nel 1961. Partecipò anche alla Targa Florio cogliendo due secondi posti nelle edizioni del 1962 e 1966.

 

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Invité §ami463nV

Teodoro Zeccoli

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Teodoro Zeccoli, nato a Lugo di Romagna (Ravenna) il 15 ottobre 1929, è un pezzo di storia dell'Alfa Romeo. Il suo contributo allo sviluppo delle vetture del Portello fra gli anni Sessanta e i primi anni Ottanta fu fondamentale: finissimo conoscitore del mezzo meccanico, fu anche ottimo pilota nelle categorie Sport, Turismo e GT disputò più volte tutte le grandi classiche dell'automobilismo raccogliendo numerosi successi.

 

Teodoro Zeccoli ha iniziato molto giovane a correre su strada dimostrando le sue capacità di guida e coraggio con vetture Fiat, OSCA e Lancia di proprietà o avute in prestito, ma il primo contratto da professionista arriva nel 1960 quando Karl Abarth lo vuole a Torino. I tre anni in Abarth furono molto importanti per la formazione e la crescita professionale di Zeccoli sia come pilota che come collaudatore. Durante quell'esperienza conosce Carlo Chiti che nel 1963 lo chiama all'ATS e successivamente lo vuole al suo fianco fin dal primo momento nell'avventura Autodelta. Dal 1963 al 1981 è stato così un collaudatore quasi leggendario, testando auto stradali e da corsa Alfa Romeo per 500 Km al giorno, tutti i gioni, sulla pista di Balocco. Per l'Autodelta contribuisce così in maniera determinante allo sviluppo delle TZ e TZ2, con cui ha anche occasione di mostrare in pista le sue doti di pilota veloce e regolare. Nel frattempo continuava a raccogliere ottimi risultati con le nuove e già vittoriose GTA. Contribuisce poi in modo determinante alla messa a punto della Tipo 33, nelle sue successive versioni, e ai suoi successi nelle varie competizioni. Alla prima uscita ufficiale della 33 in pista a Monza, il 7 gennaio del 1967, Zeccoli rimase vittima di un tremendo incidente nel quale riportò lesioni piuttosto gravi (frattura dell'osso sacro e di 6 vertebre cervicali) che lo tennero lontano dalle piste fortunatamente solo per un paio di mesi, rientrando in tempo per portare alla vittoria la 33 al suo debutto in gara nella corsa in salita di Fléron in Belgio. Negli anni '70 gli fu assegnato il coordinamento di un progetto mirato a trasformare in vettura da corsa la Montreal per il team americano BobCor. Un progetto quasi riuscito, perchè a fronte delle ottime prestazioni del motore vari cedimenti meccanici e mancanza di fondi per completarne lo sviluppo non consentirono alla Montreal di terminare nemmeno una gara.

 

Su tutti i libri sulla storia dell'automobilismo si legge che al Nürburgring il muro dei 10' con vetture Turismo è stato abbattuto dalla BMW, con un 9'58 nell'Agosto 1966. Non è del tutto vero: con 9'59"7 scese per primo in assoluto Teodoro Zeccoli sull' Aalfa Romeo GTA 1600, in prova e conquistando la pole-position per la 6 Ore del Nürburgring del Luglio 1966. Vinse poi la corsa in coppia con Andrea De Adamich. Essendo stato fatto in prova, non si tratta di un record vero e proprio, ma vale assolutamente la pena ricordarlo. Fra le sue più prestigiose vittorie di classe e assolute possiamo ricordare, con la GTA: Sebring, 1000 Km del Nürburgring, Spa-Francorchamps, 4 ore di Monza; con la TZ2: Mugello, 1000 Km di Monza; con la 33: Fléron, 500 Km di Imola.

 

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Invité §ami463nV

Ignazio Giunti

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

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Ignazio Giunti (Roma, 30 agosto 1941 – Buenos Aires, 10 gennaio 1971) è stato un pilota automobilistico italiano di Formula 1.

 

 

Ignazio Giunti a Monza. Settembre 1970Ignazio Giunti incominciò la sua carriera agonistica con l'Alfa e in particolare mettendosi in luce nel 1968 con l'Autodelta 33T finendo secondo alla Targa Florio e quarto alla 24 ore di Le Mans.

 

Nel 1969 guidò regolarmente in team con Nanni Galli e gli ottimi risultati gli portarono l'attenzione della Ferrari aprendogli le porte nella Sport Prototipi alla guida della 512.

 

Nel 1970 firmò in team la vittoria della 512S alla 12 ore di Sebring, il secondo posto alla 1000km di Monza, i terzi posti alla Targa Florio e alla 6 Ore di Watkins Glen. Questi risultati gli garantirono l'accesso alla massima serie automobilistica al volante della 312.

 

Il debutto in F1 avvenne sul difficile circuito di Spa-Francorchamps dove Giunti, con una Ferrari 312B finì con un invidiabile quarto posto. Quello stesso anno corse altre 3 gare alternandosi allo svizzero Clay Regazzoni, e guadagnandosi la riconferma per l'anno successivo.

 

La tragedia avvenne all'inizio del 1971 sul circuito di Buenos Aires durante la 1000 km. Jean-Pierre Beltoise, su Matra, esaurì il carburante in prossimità dell'ultimo tornante prima del rettilineo principale; decise pertanto di riguadagnare la corsia dei box spingendo a mano la sua 650, probabilmente ignaro del fatto che - a norma di regolamento - anche se avesse raggiunto i box non gli sarebbe stato consentito di ripartire. Quasi in prossimità dell'ultima piega a sinistra Beltoise decise di correggere la traiettoria della vettura che stava derivando troppo verso il centro della pista, spostandosi a fianco di essa per poter girare il volante. In quel preciso istante giunsero Giunti e Parkes. Giunti, ampiamente in testa con la Ferrari 312, stava tallonando il doppiato Mike Parkes su Ferrari 512 quando, affrontato l'ultimo tornante prima del traguardo, la coppia si trovò in piena traiettoria la Matra che Beltoise stava spingendo a mano. Parkes ebbe modo di evitare l'impatto mentre per il povero Giunti non ci fu scampo.

 

La violenza dello scontro e il conseguente incendio della Ferrari non lasciarono al pilota romano possibilità di sopravvivere.

 

Ad Ignazio Giunti è intitolato l'Istituto Superiore di Scienza dell'Automobile, ente formativo di specializzazione post-diploma con sede a Modena.

 

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Invité §ami463nV

Wolfgang von Trips

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

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Wolfgang Alexander Albert Eduard Maximilian Reichsgraf Berghe von Trips (Horrem, 4 maggio 1928 – Monza, 10 settembre 1961) è stato un pilota automobilistico tedesco, vincitore di 2 Gran Premi di Formula 1.

 

Gli amici lo chiamano "Taffy". Nel 1957 viene assunto dalla Ferrari, in un'annata di certo non buona, segnata in particolare dalla partenza di Fangio. Riesce ad ottenere proprio all'ultima gara i suoi primi punti iridati, con un terzo posto. Anche nel 1958 il pilota tedesco rimane alla guida della Ferrari, in un anno tragico, in cui perdono la vita Musso e Collins. Migliora i suoi risultati, ma per varie cause non disputa tutti i gp. Il 1959 è un anno travagliato, che si conclude senza punti iridati. Nel 1960 von Trips conquista dieci punti, collezionando una serie di quinti posti, sempre in Ferrari (se si esclude l'ultima gara, negli Usa, disputata in Cooper). Nel 1961 von Trips stupisce in fatto di risultati, vincendo in Olanda e in Belgio e arriva alla gara di Monza con alcuni punti di vantaggio sul compagno di squadra Phil Hill. Ma a Monza durante la disputa del Gran Premio d'Italia 1961: nel primo giro c'è una collisione con Jim Clark alla staccata della parabolica. La vettura di von Trips esce di pista e vola contro le reti di protezione, dietro le quali erano accalcati numerosi spettatori. Oltre al pilota, perdono la vita 14 persone. La Ferrari, non parteciperà per lutto agli ultimi due gran premi, visto che ormai, dopo la vittoria della gara di Monza, Hill è matematicamente campione. Quello di Monza è, a tutt'oggi, il più grave incidente nella storia del Campionato Mondiale di Formula 1, ed è stato il primo ad essere trasmesso in televisione.

 

I genitori di Wolfgang von Trips costruirono a Kerpen, vicino alla villa di famiglia, un kartodromo per ricordare il figlio scomparso. Michael Schumacher imparò a guidare su questa pista, dove suo padre lavorava come custode.

 

 

 

 

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Invité §le 686ZY

Un vero "Amico" della Targa Florio...ci regala questo splendido documento.......

 

 

Caro Jay.....un grazie lungo 72km dagli "Amicidellatargaflorio" :jap::jap::jap::jap:

 

 

 

gracié :jap::jap::jap::jap:

 

tres beaux documents :love::love:

 

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Invité §ami463nV

 

 

gracié :jap::jap::jap::jap:

 

tres beaux documents :love::love:

 

 

 

 

Grazie a te....... :jap::jap::jap:

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Invité §ami463nV

Louis Chiron

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Louis Chiron è stato uno dei piloti più importanti dell'epoca che ha preceduto la seconda guerra mondiale. Chiron nacque a Monaco, ma dal momento che i genitori erano francesi, assunse doppia cittadinanza, monegasca e francese.

Chiron iniziò la sua carriera di driver pilotando una Bugatti in alcune corse di rilevanza locale. Nel '26, Chiron ha due importanti incontri: il pilota tedesco Caracciola, che diverrà suo amico e l'industriale Hoffman che divenne suo sponsor. L'esordio per il driver monegasco nelle corse da GP è datato 1927 ed avviene al GP di Spagna, dove è secondo prima di doversi ritirare. Quindi, ottiene un quarto posto nel GP d'Inghilterra.

Il 1928 è anno di grandi successi per Chiron: vince il Riviera Circuit, a Cannes; il GP d'Antibes, il GP di Roma, il GP de la Marne, il GP di San Sebastian a Lasarte, il Gp d'Italia/Europa a Monza.

A Monza, Chiron sale agli onori grazie al successo, ottenuto contro i grandi driver italiani, Nuvolari, Varzi e Campari.

In questi anni, Chiron diviene amante della moglie del suo "sponsor", Hoffman: quando la vicenda verrà scoperta, Chiron perderà l'appoggio di Hoffman e la (ex-)moglie dell'industriale lo seguirà nei suoi viaggi attraverso l'Europa.

Nel 1929, Chiron ottiene altri successi: Gp di Germania e Spagna. Inoltre, assieme ad Anthony Noghès, contribuisce a far nascere il GP di Monaco, cui però non partecipa perché impegnato nella 500 miglia di Indianapolis.

L'idea di creare un gp a Monaco nacque quando l'Association des Automobile-Clubs rifiutò la proposta di affiliazione dell'ACM (Automobile Club de Monaco) con la motivazione che sul territorio monegasco non veniva organizzata alcuna corsa.

 

Dopo aver perso l'appoggio del suo sponsor, Chiron perde anche il sedile, perché la Bugatti lo lascia a piedi, a fine '32. Chiron fonda allora (1933) una squadra con Caracciola correndo con delle Alfa Romeo P3 private. La stagione per Caracciola fu sfortunata: il tedesco ha un incidente tremendo a Monaco e si infortuna dovendo saltare l'intera stagione. Successivamente, il pilota tedesco venne colpito anche da una tragedia personale, la morte della moglie. A causa di quell'evento, Caracciola entra in depressione e verrà aiutato proprio da Chiron.

Chiron, si accasa alla scuderia Ferrari con cui, in quel 1933, ottiene diversi successi (Spagna, Marsiglia, GP della Repubblica Ceca e, con Chinetti, la 24 ore di SPA).

Nel 1934, Chiron corre ancora con Ferrari, in uno squadrone con Varzi, Trossi, Moll e Lehoux.

La corsa di Monaco '34 è famosa per l'incidente, a pochi giri dal termine, di Chiron, quando questi era in prima posizione. Vince, così Moll. In quella stagione, Chiron ottenne anche un terzo posto a Tripoli, dietro Varzi e Moll e un successo a Casablanca.

La corsa di Montlhéry, il GP di Francia, di quel 1934, segna un momento molto importante per le corse da GP. Infatti, in quella corsa fanno il loro debutto le nuove auto di Mercedes e Auto Union.

Fa il suo rientro nelle corse da GP anche il grande Caracciola: con grandi problemi ad una gamba, ma ancora velocissimo in auto. Il team Mercedes, oltra a Caracciola, è composto da Fagioli e von Brauchitsch

La presenza di simili avversari rende la vittoria di Chiron in questo GP di Francia, del 1934, estremamente importante.

Per questo, la gara merita un approfondimento. Anzitutto, un breve cenno alla conformazione del tracciato. Il circuito di Linas-Montlhèry è particolare: esso è formato da un anello per la velocità, con un'estensione sulle strade circostanti. Si tratta, cioè di un ovale esteso.

Chiron scatta in terza fila, posizione definita da un sorteggio. Al via, però, Louis ha un grande spunto che lo porta in testa alla corsa, seguito da Caracciola, Fagioli (due driver Mercedes) e Stuck (Auto Union). Stuck tenta di attaccare Fagioli che, a sua volta, tenta di passare Caracciola.

Fagioli e Stuck combattono per la seconda posizione: Mercedes e Auto Union sfrecciano l'una accanto all'altra per un tratto della pista ma poi è l'Auto Union (guidata da Stuk) ad avere la meglio e fuggire via. Stuck non si ferma qui: la seconda posizione non gli basta e spinge. La sua Auto Union gli permette di raggiungere Chiron e passarlo. Il pubblico francese tifa per Louis: preferirebbero vedere vincente una Bugatti, ma Chiron è l'unico a poter rivaleggiare contro le micidiali auto tedesche con i loro formidabili driver. Ma la corsa non è finita: nelle successive fasi, Chiron si riporta vicino a Stuck e lo passa, tornando primo. In questa fase, anche Fagioli, esortato dal box, spinge per agganciare Stuck e superarlo, alla velocità di 91.8 m.p.h.

Stuck è costretto ora a cambiare le gomme, e perde tempo nella sostituzione degli pneumatici. Fagioli, intanto, cerca di avvicinarsi a Chiron e tiene un ritmo elevatissimo. Chiron gli risponde, spingendo la sua vettura al massimo. Nel corso di questo inseguimento, però, la Mercedes di Fagioli cede ed ora è Caracciola a inseguire Chiron. Anche Caracciola, però, è costretto al ritiro a causa di problemi con l'alimentazione. L'unica auto tedesca che rimane in corsa è quella di Stuck, ma il driver dell'Auto Union dovrà accontentarsi del quarto posto finale. Sono, infatti, Chiron, Varzi e Moll della Scuderia Ferrari a chiudere nelle prime tre posizioni.

Dopo quel successo, importantissimo, Chiron vinse al Gp della Marne.

 

La stagione 1935 viene dominata dai tedeschi e dalle loro mostruose auto, così per Chiron e le Alfa della Scuderia Ferrari, non resta che accontentarsi delle briciole che, per il driver franco-monegasco coincidono con il successo in un GP di minore importanza (il Gp di Lorena).

Nel '36 Chiron si unisce allo squadrone Mercedes ma il '36 è una stagione negativa per la Mercedes (infatti, il campionato, nato l'anno prima, viene vinto da Rosemeyer, dell'Auto Union, che succede nell'albo d'oro a Caracciola).

 

Un duro colpo, sul fronte della vita personale, Chiron lo riceve quando la sua "amante", l'ex signora Hoffman, si unirà in matrimonio col suo amico Caracciola.

Nel 1938, Chiron si dedica alle vetture sport, ottenendo, con la Talbot un successo nel GP di Francia, che quell'anno si corse proprio con le vetture sport.

Dopo la guerra, Chiron riprende a correre: tra il '46 e il '49 corre con la Talbot-Lago ottenendo la sua ultima vittoria al gp di Francia del 1949. Al via del primo mondiale di F1, del 1950, Chiron è presente, con una Maserati. Nel 1956, il ritiro definitivo dalla carriera di driver. Dopo quell'anno, Chiron si dedica all'attività di Commissario Generale nell'organizzazione del Gp di Monaco e del Rally di Monaco.

 

 

Fonti (informazioni tratte da):

monte-carlo.mc

ddavid.com

 

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Invité §ami463nV

Louis Chiron

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1928

 

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1931

 

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1931

 

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Varzi e Chiron insieme, vincitori del GP di Francia

 

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1932

 

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Invité §ami463nV

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Una immagine di Targa Florio 1973

 

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Targa Florio 1973 - Floriopoli - Armando Floridia si porta appresso il suo personale sedile da “infilare” dentro la Chevron B21 Ford n.20 di Mauro Formento, mentre sul muretto si scorgono anche Alfonso Merendino ( “Apache” ) e Raffaele Restivo.

 

Quella Chevron ......

 

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.... era iscritta dalla mitica Scuderia Brescia Corse ......

 

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..... quella prima immagine del 1973, una foto scattata a Floriopoli ....... davanti il box della Scuderia Pegaso di Palermo ......

 

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..... è soltanto una immagine presa “in prestito” ... per avviare la discussione ...... ; immagine scelta soltanto perchè è una foto che venne consegnata da un Amico di Targa Florio - un Amico che ne ha pure vinta una - esattamente nel momento in cui qualcuno gli rivolgeva questa domanda :

 

“ Ma in quel 1973 ..... sbaglio o era la prima volta che gareggiavi in Targa Florio con una sport .... scoperta ? “

 

Risposta : “ Si, è vero ..... prima soltanto con vetture GT, coperte ..... “

 

“ Ah ! Ricordavo bene .... ! E quali furono per Te le prime sensazioni ... i primi ricordi più significativi in prove, a poi in gara, per quella nuova esperienza ? “

 

La risposta, dobbiamo dire, fu "fulminante".

 

La risposta fu questa : “ Le prime sensazioni ed i primi ricordi di quella nuova esperienza con una vettura sport totalmente scoperta furono gli odori ... “

 

“ Gli odori ? Forse di olio ricino bruciato ? “

 

“ No .... lungo il percorso ...... gli odori di carne di crasto e salsicce arrostite e di pasta al forno “ ....

 

Qualcuno lo guardò bene negli occhi ...... e gli disse .... ma cheffà ... “ stai babbiando ? “ ( stai scherzando ? ) ..... “ Niente affatto .... niente affatto “.

 

Questa era la Targa.

 

* * *

 

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Noi pensiamo che questo spazio dedicato ai “Piloti della Targa Florio” non possa non dedicare anche questo piccolo scritto ......... agli appassionati di Targa .... e soprattutto a quegli appassionati che non ne vogliono più sapere di essere sistematicamente, scientificamente sopraffatti da tutte quelle “sciatterie comportamentali” che circolano - oggi - intorno al “nome Targa Florio”.

 

E’ uno scritto, in particolare, del 1970, l’anno nel quale gli appassionati di Targa - oggi 50/60enni - si gustarono la più incredibile, completa, inarrivabile edizione della storia delle Targa Florio moderne ... la Targa Florio del 1970 :

 

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3 maggio 1970

 

“ ….. Si calcola che almeno mezzo milione di persone assisterà, oggi, alla 54^ edizione della Targa Florio. Gente venuta da ogni parte dell'Isola, anche dalle province più lontane, dalle città, dai piccoli centri, addirittura dalle campagne.

 

Per molta gente delle campagne la Targa Florio è l’unica forma di spettacolo sportivo consentito, al pari della corsa dei «giannetti» e di quella nei sacchi per l'annuale festa del patrono.

 

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Mezzo milione di persone vuol dire, più o meno, l'intera città di Palermo, oppure, con un paragone più aderente alla loro reale provenienza, un decimo dell'intera popolazione siciliana.

 

Un fenomeno imponente, che non trova l'uguale in nessun'altra manifestazione, né sportiva nè d'altro genere, che si verifichi periodicamente dalle nostre parti. Al suo confronto si ridimensiona addirittura quell'altro vistoso fenomeno del nostro tempo che è la passione delle folle per il gioco del calcio.

 

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A Palermo, per radunare alla Favorita tante persone quante riesce a calamitarne la Targa Florio in una sola giornata, occorrono due intere stagioni calcistiche, qualcosa, cioè, come quaranta domeniche. Con la notazione, per giunta, che lì, per il calcio, si tratta sempre del medesimo gruppo di patiti, venti-trentamila al massimo, che ripetono settimanalmente l'appuntamento con la sfera di cuoio: qui, alla Targa, invece, l’appuntamento è per cinquecentomila differenti unità, che si muovono tutte in una volta.

 

A farci mente locale, l'immagine dà le vertigini. Spetterà ad altri dare una spiegazione alla molla che provoca, per una corsa di automobili, un così vasto movimento popolare. La sollecitazione più epidermica potrebbe risultare, a chi volesse cercarla, nel collettivo bisogno di evasione e di ritorno alla natura, in coincidenza con l'esplosione sensuale della nostra primavera. Può darsi.

 

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Può anche darsi che lo stimolo della scampagnata sull'erba diventi più irresistibile proprio per l'eccitante richiamo dei motori che intanto sfrecciano ruggendo a pochi passi da noi e che quasi ci sfiorano con tutto il loro bagaglio, davvero allucinante, di eroismo e di morte, inebriandoci più del fiasco di vino e del profondo profumo della terra.

 

Forse la passione per la corsa delle vetture, così intensa e diffusa, nasce proprio da queste cose. Ed altre ancora. Non sappiamo. Sta di fatto che nella loro somma istintuale soddisfano con certezza un bisogno, innegabilmente intenso e comune a tutti, senza distinzione di età, di origine, di censo e di cultura.

 

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Ci si è mai interessati, al di là della retorica della Targa e dei compiaciuti quadretti di colore, di questo fenomeno ? La stessa Targa, negli anni scorsi, ha rischiato di esser lasciata morire di consunzione e di vecchiezza; il “colore” fa parte ormai delle stanche consuetudini giornalistiche del dopo-corsa.

 

Se la stessa competizione automobilistica, come fatto tecnico e sportivo, continua a sopravvivere (quest'anno, guarda caso, con un rilancio di eccezionali dimensioni), lo si deve più ad un pugno di appassionati del motore che ai manovratori, pubblici o privati che siano, dei grandi fenomeni di massa; più ai tecnici delle lontane industrie automobilistiche che ai depositari dei problemi economici e sociali della nostra Isola.

 

Mezzo milione di persone da una parte. Cento vetture che corrono dall'altra. Un accostamento che ancora non ha fatto meditare a sufficienza. La Targa probabilmente avrà ancora lunghissima vita. Motivi affettivi, tradizionali e di prestigio, unitamente ad una innegabile validità sportiva e tecnica della formula, possono farla considerare in ogni caso, a giusta ragione, una corsa “intramontabile”.

 

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Ogni anno dunque, di questi tempi, si potrà esser certi che sarà qui, come oggi, a riconfermarci la “sua” vitalità.

 

E basta? L'interrogativo, forse, non piacerà (a prima vista potrebbe sembrare paradossale), nemmeno a coloro che amano l'automobilismo e che, per questo, si sono sempre strenuamente battuti per difendere e perpetuare nel tempo la Targa, operando cioè una trasposizione d'affetti, notissima in psicologia, dall'oggetto d'origine a quello derivato.

 

Ma è fuor di ogni discussione che la Targa vada difesa e perpetuata, ad ogni costo. In proposito non possono sussistere dubbi. Il nostro interrogativo, qui, si limita a considerare e in un certo senso, a nostra volta, a difendere, ciò che in fondo essa stessa, la Targa, usa come alimento necessario alla propria sopravvivenza.

 

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Non è colpa della Targa, infine, se queste 500 mila persone spontaneamente radunate dal richiamo di Cerda e poi subito disperse, testimoniano da un canto l'esistenza - si direbbe allo stato brado - di una grande passione, capace di muovere contemporaneamente un decimo della intera Sicilia; e dall'altra l'incapacità, di noi stessi che la possediamo, di scoprirla, di capirla e, razionalmente, di adoperarci a soddisfarla. “Oltre la Targa” …. “

 

(tratto da : “Il Giornale di Sicilia - Inserto Speciale Targa Florio” - 3 maggio 1970)

 

 

lo spendido articolo è di Mario Giordano.

 

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Le nostre storie di Targa stanno su

 

www.amicidellatargaflorio.com

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Invité §ami463nV

TARGA FLORIO 1966 - LE PROVE "LIBERE" ......

 

Nino Vaccarella - Lorenzo Bandini ..... "scoppiati" .... :lol::lol:

 

 

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Anche per le Case Ufficiali .... come la Ferrari .... le prove erano “libere” ..... a volte “nascoste” ...... alla Targa Florio ........ la gara a maggio ...... le prove anche a marzo ... ad aprile ...... a “circuito aperto” ..... come si usava dire ....

 

Si “monitoravano” i giornali locali ..... per avere, per tempo, le notizie giuste .... ed essere lì presenti .... a volte era una vera e propria ricerca delle vetture in prova ... lungo il “Piccolo” .......

 

In quel 1966 la gara sarebbe stata l’8 maggio .... ma la Ferrari era già con le/la Dino in Sicilia a metà Aprile ......

 

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Quelle/a Dino, quindi, ad aprile ..... in Sicilia con Vaccarella .....

 

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Con Bandini ......

 

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Ovviamente ..... quelle prove furono effettuate, come da prassi, in mezzo a camion .... carretti, muli ..... vetture civili .......

 

Anche le "prove libere" ... ,in Targa, erano una cosa "speciale" ...

 

Chissà se .... in quel mese di aprile ...... nemmeno ci pensavano, a Maranello, di portare il P3 ......

 

 

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Invité §ami463nV

Ancora qualche piccola "scheggia" di storia di Targa Florio 1966 ......

 

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Invité §ami463nV

Targa Florio 1966 - PROVE LIBERE ...

 

l'Amico tool-43 ( Antoine ), che ringraziamo, ci conferma; una sola Dino 206S in quelle prove "libere" ; la stessa di Sebring affidata a Bandini/Scarfiotti ... la 0842.

 

 

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Invité §ami463nV

 

Da sx Beppe Virgilio - Giancarlo Baghetti - Totò Calascibetta

 

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per la foto si ringrazia Marco Calascibetta

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Invité §ami463nV

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Per quanto riguarda la Formula 1 ha debuttato con la Maserati al Gran Premio di Svizzera del 1950 ed ha conquistato in carriera un totale di 17,5 punti.

 

Ben diverso il discorso delle competizioni automobilistiche destinate alle vetture a ruote coperte: nel suo palmares spiccano infatti la vittoria alla Targa Florio del 1952, due secondi posti alla Mille Miglia nel 1949 su Ferrari e nel 1953 con la Lancia.

 

L'ultima vittoria l'ottenne durante la VI edizione della Bologna - Passo della Raticosa, il 27 settembre 1953 a bordo della Lancia D24.

 

Due mesi dopo, durante la IV Carrera Panamericana, alla quale partecipa con i compagni di squadra Piero Taruffi, Eugenio Castellotti, Juan Manuel Fangio e Giovanni Bracco, dopo essere in testa alla classifica provvisoria con un 1° posto e due seconde posizioni di tappa, Felice Bonetto rimase vittima di un grave incidente in Silao, Messico, dove morì il 21 novembre 1953. È sepolto nella sezione italiana del cimitero di Dolores, nella Città del Messico.

 

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